volevo anche la Luna

non paga della vittoria all’Olimpico (dopo vent’anni) festeggiata il 25 Aprile all’Havane Café, sognavo di salutare la salvezza della Fiore già a Parigi, sempre con gli amici del Viola Club di cui sono onorata di far parte…

invece avrei dovuto attendere la Luna piena al perigeo nel cielo sopra Firenze,

ma passare un po’ di tempo con gli Esiliati è sempre un piacere. E ripercorrere i luoghi della prima volta a Parigi… un tenero pomeriggio da tenere in cuore,

come la Luna in place d’Italie, gobba a ponente, incanto crescente…

tra rami fioriti e vessilli al vento…

come le nuvole su Saint Lazare

e ancora la Luna, fuori dall’hotel

e poi in alto, piccina, dall’angolo con rue de Liège

nella passeggiata prima di cena,

l’ultima cena a Parigi, coccolati da Shikoku a sushi

e sashimi in barca

… volevo anche la Luna e l’ho trovata sempre sopra i miei passi

una mattina parigina (29 Aprile)

Una domenica tutta per noi, come la prima volta a Parigi, senza orari a parte quello della partita con gli amici del Viola Club Paris… e allora liberi per le vie di Chatelet,

a cercare Saint Eustache

e il testone di  Écoute stavolta incarcerato in un cantiere. Pensieri tra parentesi, meno introspezione e più sguardi intorno… per l’ascolto di sé e delle versioni altrui, ci sarà un altro momento.

La giornata del mio onomastico (Santa Caterina) doveva essere di festa, gioia per gli occhi

e … per il palato

passeggiando golosi e curiosi nel Quartier Latin, tra nuvole rapide, squarci di sereno e improvvise acquate. In caso di pioggia o vento forte, nessun rifugio migliore delle chiese, come Saint Germain des Prés finora vista solo da fuori
… con dentro tanti fiori, viola.
Fiori a sfare anche nel giardino della Tour Saint Jacques

con quel coquelicot che svettava rosso

e noi

due cuori viola tra i fiori viola… viola pallido, noi stanchi e la partita del pomeriggio sarebbe finita male … ma nel giardino si stava bene. Come si stava bene in place Saint Sulpice,

tra petali che cadevano dai rami e piccioni impiccioni,

bambini nel sole

a giocare sotto gli sguardi tranquilli dei genitori gentili
che ci hanno poi scattato una bella foto
prima che si entrasse a goderci la chiesa saltata la prima volta

e, anche dentro Saint Sulpice, Sant’Anna, la nonna di Gesù, con la Vergine fanciulla… ché le mamme sono anche figlie, non va scordato.

…lasciata con un filo di malinconia quella meraviglia di chiesa, ultimi sguardi, tra foglie e nuvole, a Saint Sulpice

e via col Métro per il supplizio della partita (reso più dolce dalla squisita accoglienza degli Esiliati Viola)

Pino parigino

Nel periodo del nostro prossimo soggiorno parigino verrà disputato l’incontro calcistico Atalanta–Fiorentina,  ma dopo il sabato della vergogna (17 marzo 2012, manita da’ gobbi in casa nostra), mi rifiuto di seguire le gesta dei signorini che indossano senza ritegno la Maglia Viola, anche se di qui alla fine del campionato ogni partita potrebbe essere una sfida per la salvezza o un passo verso la serie B. Certo che sarebbe bello tornare all’Havane Cafè!
La sera dell’arrivo a Parigi, la mia prima volta nella città che già sognavo e tanto amo, gli Esiliati del Viola Club Paris mi fecero sentire subito a casa… bisogna che li riveda, sì, bisognerà cogliere di nuovo l’occasione di sentirsi uniti da quel magico colore.

Mentre l’Italia si sfaldava e tremava e piangeva sotto la pioggia, oltre che nel fango non solo metaforico, mi godevo con lo sposo un incantevole autunno nella magica città delle mille luci… poi, al rientro, senza voglia di riprendere contatto con la realtà più avvilente, mi  ero sentita parecchio a disagio, ma per qualche giorno almeno ero riuscita a dirmi che piuttosto mi sarei dovuta sentire in colpa se non avessi scelto di scacciar via i sensi di colpa e tutti gli alibi senza senso che frenano la gioia di vivere con l’anima spalancata. (Esserci, leggerne, piangerne… avrebbe cambiato qualcosa?).
Oggi è diverso. Mi sento a disagio se mi tradisco, non se godo. Mi piace ricordare la vacanza parigina prima di rinnovare l’incanto? Ricordo.

Il giorno dell’arrivo, appoggiati i bagagli in un angolo della hall, perché la nostra camera non era ancora pronta, per prima cosa una girata per le vie del quartiere e la scoperta di tanti giardini, non famosi e spettacolari come le Tuileries,

ricche di statue, fontane, viali e vialetti, giardini nei giardini e curve e spiazzi affollati di gabbiani vanitosi (si mettevano in posa per le foto!)

o gli Champs Elysées (enormi e fioriti),

ma luminosi, ricchi e profumati ovunque

… anche in periferia spettacoli di rami e foglie colorate d’autunno

e anche a Parigi abbracciavo i pini,

abbracciavo un pino parigino

come, anche a Parigi, si fraternizzava con i manifestanti

e si leggevano giornali di lotta e di protesta…

anche senza smettere di fare i turisti, non per caso, ma per amore

[ à Paris, 2]

pioggia di ricordi a caso

Aprile è il più crudele dei mesi,
genera lillà da terra morta,
confondendo memoria e desiderio,
risvegliando le radici sopite
con la pioggia della primavera…

(T.S. Eliot, La terra desolata)

La pioggia si fa desiderare, in questa nuova asciutta primavera.
Aprile mi confonde spesso, ma stavolta abbraccio il risveglio senza fuga, corro incontro a ricordi e nuove voglie, rimescolo incanti autunnali e piccole strategie di sopravvivenza a tremori, gonfiori, stanchezza…

Tra la Liberazione e il Primo Maggio torneremo a Parigi, con una coppia di amici, non da soli come la prima volta.
Ero già stata almeno mille volte nella Ville Lumière come spesso sono stata a fare colazione su Plutone, attraverso letture, canzoni, film… e sì,  è vero che è bello leggere, fantasticare, lasciarsi trasportare dalle suggestioni ricreate da altri come scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli (Emilio Salgari), ma metterci piede davvero e camminarci dentro è stato come danzare dopo aver visto ballare altri.
Un fantastico regalo per l’anniversario delle nozze, nell’anno in cui il cucciolo diventava maggiorenne.

Ricordo il ritorno dal sogno, con gli occhi arrossati dalla notte in treno e il cuore gonfio di bellezza, sotto una pioggia diversa da quella che la sera prima bagnava Parigi, città favolosa, colorata e luminosa anche nel pianto dirotto delle nuvole, ricordo lo smarrimento e la fatica a riconoscere in Firenze la mia città. E la corsa per non perdere la partita della Fiore (quella del 31 ottobre 2010, trasferta a reti bianche a Catania,  l’avevamo seguita all’Havane Cafè

con gli Esiliati del Viola Club Paris),

l’emozione dell’incontro con il nipotino tanto atteso, nato la sera prima della partenza… e la poca voglia di riabituarmi alle proporzioni ridotte. Firenze l’è piccina, Parigi enorme.

Soltanto il giorno prima del rientro un’intera giornata di pioggia, fine fine al mattino durante la visita al cimitero di Montparnasse, con sosta di Sandro (il mio sposo è un giocatore di scacchi) alla sepoltura di Alechin,

mentre per me era imprescindibile un omaggio a Sartre e Simone de Beauvoir.

Poi pioggia forte, incessante, maestosa, sfondo d’acqua e colonna sonora che nel ricordo viene per prima, punteggiata di briciole di memoria come la sosta per mangiare al calduccino in una brasserie del Quartier Latin, già percorso di giorno e di notte col cuore in volo e i capelli al vento

e le vetrate di Notre-Dame, dove sono voluta tornare ancora una volta l’ultimo giorno,

prima di correre a prendere il treno per la notte dell’anniversario in scompartimento a due,

sistemazione assai più confortevole del terrificante viaggio d’andata in cuccette a sei posti…

[à Paris, 1]