in tre in treno

per un convegno (lavori in corso… progetti in fieri) in un luogo incantevole.

A Gallipoli.

E allora colta l’occasione per una breve gita con sposo e bimba, la prima volta in Puglia per noi insieme.

Il primo viaggio in treno di Viola è stato bello lungo… brava e dolcissima la nostra bimba si è divertita e ha portato gioia a tutti fino al tacco dello stivale. Grazie!

Tanta bellezza in cuore, occhi pieni di mare e vento… gratitudine oltre misura, le parole vengono meno

Un assaggio di Puglia che mi lascia tutta la voglia di tornare presto

dove mi sono sentita subito accolta
e dove ho lasciato un po’ di cuore

proprio lì, tra cielo e mare

tra nuvole e scogli
e sogni oltre l’orizzonte

ogni giorno cerco futuri ricordi belli per me e per chi amo

e spero di poter presto tornare a farmi cullare dal treno, con gli occhi al finestrino e il cuore tra le nuvole e i nuovi ricordi già nati

au revoir, Paris

mano nella mano, cuore a cuore, ci siamo incamminati nel pomeriggio del congedo. Ultimo sguardo al municipio,

ritorno per le promesse alla “mamma” (oltre alla Luna, anche Notre-Dame è la nostra mamma dell’anima)

contemplandola solo da fuori, stavolta, ma da ogni punto di vista, consumando di passi e sguardi l’l’île de la cité

e presi per parigini da una coppia di svedesi in vacanza, cui ho scattato un paio di foto e che mi hanno ringraziata calorosamente in inglese scusandosi di parlare poco il francese! Si doveva proprio aver l’aria di esser di casa lì,

tra l’île de la cité e l’île Saint-Louis

che custodisce il segreto del cielo di Parigi..

et le ciel de Paris
a son secret pour lui
depuis vingt siècles il est épris
de notre île Saint-Louis
quand elle lui sourit
il met son habit bleu 
quand il pleut sur Paris
c’est qu’il est malheureux
quand il est trop jaloux
de ses millions d’amants 
il fait gronder sur nous
son tonnerr’ éclatant
mais le ciel de Paris
n’est pas longtemps cruel 
pour se fair’ pardonner
il offre un arc en ciel

e giochi di luce su quel maestoso fiume

difficile da lasciare, via di corsa a recuperare i bagagli in hotel, buttando giù il magone solo in parte dovuto al congedo da un sogno…
Alla stazione, mentre Sandro cercava il binario del nostro treno per Milano, mi sono fermata a comprare due baguettes, formaggio, burro e prosciutto, per cenare in sala d’attesa. Con un clochard che mi si è addormentato quasi in grembo… levandomi la voglia di fumare per diverse ore (sazia del suo odore di fumo). E con un filo d’ansia per il ritorno in cuccetta, memore del primo viaggio a Parigi, ché condividere la notte in treno con estranei è sempre un’avventura, anche divertente nel ricordo a distanza,

ma – penso proprio sia stata Notre-Dame – nello scompartimento a quattro eravamo solo noi due 😉


Prima di correre alla Gare de Lyon, però, alla nostra stazione, la Gare Saint-Lazare, mi ero rifornita anche di cioccolato per il viaggio…

la nostra colazione all’alba del Primo Maggio, in attesa di cambiare treno, alla stazione centrale di Milano, per tornare a Firenze con un regionale di seconda classe che avrebbe depositato a Rifredi, sotto la pioggia, ogni lacrima, ogni sorriso, tutto l’incanto e la stanchezza nei piedi e sul viso

La seconda volta

Da Firenze a Milano con il cuore che batteva più forte non solo per il pensiero bello del ritorno a Parigi, anche per l’occasione di incontrare alla stazione un’amica conosciuta in rete e mai abbracciata con le braccia. Alla stazione centrale di Milano finalmente è successo, con quella lieve meraviglia sorridente che ti coglie quando riconosci in una persona in carne e ossa l’anima di chi già ti stava a cuore. C’erano anche il compagno di lei e l’angelo briaho con la fidanzata. Un caffè fuori dalla stazione e qualche risata, i doni (per il compleanno ormai passato e per il viaggio) e l’abbraccio interrotto dalla “frontiera mobile”… la police non permetteva agli accompagnatori di salutare noi al binario del treno notturno per Parigi!

Risveglio con vista dal finestrino… campagna in corsa, cuore alla Ville Lumière.
Dalla Gare de Lyon

con la linea viola del Métro


siamo arrivati alla Gare Saint-Lazare il giorno in cui Lazzari ha segnato il gol decisivo per la vittoria viola a Roma (non accadeva da vent’anni, che la Fiorentina vincesse all’Olimpico!), 25 Aprile… Liberazione dall’Italia, ma senza lasciare a casa la passione condivisa. Stavolta condivisa e festeggiata all’Havane con gli Esiliati Viola à Paris. Che gioia tornare in Boulevard Blanqui e … sentirsi a casa, di nuovo, appena arrivati per la seconda volta insieme a Parigi.

mezzi di trasporto

Tra una settimana il treno per Parigi (e prima un treno da Firenze a Milano, la sosta per cambiare treno – da Milano a Parigi viaggeremo in scompartimento a due – incontrare, forse, due amici e passare, se possibile, a salutare i licenziati dei treni notte al Binario 21), tra una settimana e una notte in treno metterò tra parentesi quel che mi sta stretto qui.
Nostalgia del Métro.

E delle note sparse lungo la Senna, possibilmente sotto una pioggia fine fine, alla fine di una corsa nel quartiere latino, magari senza una girata fortuita a Vanves per un bus preso nella direzione sbagliata. (Era il bus 58, dopo la visita al cimitero di Montparnasse, per tornare un’ultima volta a Notre-Dame, prima di correre alla stazione).

E prima di preparare la valigia con la macchina fotografica per i nuovi ricordi, sfoglio ancora un po’ l’album della prima volta, di un anno e mezzo fa ormai.

Le bici eletttriche tra le foglie colorate d’autunno, tra passi svelti e respiri sottili.

Con gli occhi al cielo, seduti ai piedi della Tour Saint Jacques, per via dei mezzi di trasporto più usati (i nostri piedi) bisognosi di una sosta ogni tanto…
(pure mézzi di pioggia, ogni tanto).

E neanche un’immagine condivisibile – pour cause – di noi mézzi di trasporto. Ma il capolavoro di Canova rende abbastanza bene l’idea…

pioggia di ricordi a caso

Aprile è il più crudele dei mesi,
genera lillà da terra morta,
confondendo memoria e desiderio,
risvegliando le radici sopite
con la pioggia della primavera…

(T.S. Eliot, La terra desolata)

La pioggia si fa desiderare, in questa nuova asciutta primavera.
Aprile mi confonde spesso, ma stavolta abbraccio il risveglio senza fuga, corro incontro a ricordi e nuove voglie, rimescolo incanti autunnali e piccole strategie di sopravvivenza a tremori, gonfiori, stanchezza…

Tra la Liberazione e il Primo Maggio torneremo a Parigi, con una coppia di amici, non da soli come la prima volta.
Ero già stata almeno mille volte nella Ville Lumière come spesso sono stata a fare colazione su Plutone, attraverso letture, canzoni, film… e sì,  è vero che è bello leggere, fantasticare, lasciarsi trasportare dalle suggestioni ricreate da altri come scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli (Emilio Salgari), ma metterci piede davvero e camminarci dentro è stato come danzare dopo aver visto ballare altri.
Un fantastico regalo per l’anniversario delle nozze, nell’anno in cui il cucciolo diventava maggiorenne.

Ricordo il ritorno dal sogno, con gli occhi arrossati dalla notte in treno e il cuore gonfio di bellezza, sotto una pioggia diversa da quella che la sera prima bagnava Parigi, città favolosa, colorata e luminosa anche nel pianto dirotto delle nuvole, ricordo lo smarrimento e la fatica a riconoscere in Firenze la mia città. E la corsa per non perdere la partita della Fiore (quella del 31 ottobre 2010, trasferta a reti bianche a Catania,  l’avevamo seguita all’Havane Cafè

con gli Esiliati del Viola Club Paris),

l’emozione dell’incontro con il nipotino tanto atteso, nato la sera prima della partenza… e la poca voglia di riabituarmi alle proporzioni ridotte. Firenze l’è piccina, Parigi enorme.

Soltanto il giorno prima del rientro un’intera giornata di pioggia, fine fine al mattino durante la visita al cimitero di Montparnasse, con sosta di Sandro (il mio sposo è un giocatore di scacchi) alla sepoltura di Alechin,

mentre per me era imprescindibile un omaggio a Sartre e Simone de Beauvoir.

Poi pioggia forte, incessante, maestosa, sfondo d’acqua e colonna sonora che nel ricordo viene per prima, punteggiata di briciole di memoria come la sosta per mangiare al calduccino in una brasserie del Quartier Latin, già percorso di giorno e di notte col cuore in volo e i capelli al vento

e le vetrate di Notre-Dame, dove sono voluta tornare ancora una volta l’ultimo giorno,

prima di correre a prendere il treno per la notte dell’anniversario in scompartimento a due,

sistemazione assai più confortevole del terrificante viaggio d’andata in cuccette a sei posti…

[à Paris, 1]