






Luce e bellezza. A Firenze, con un caldo da svenire che però non è il caldo assurdo tipico del mese di luglio a Firenze…
Bere con gli occhi la bellezza
(e mangiare con la maglietta)
E verso la fine di una caldissima giornata ricca di bene, gusto, bellezza, affetto, colori, sorprese… la placida eleganza della gatta adottata dal giardino della canonica di San Jacopino. Stina, la gattina rinata…
Da dove mi sono sposata la prima volta…
(e dove sono tornata con chi ho sposato per la seconda volta senza esserci mai separati)
ai luoghi di momenti che tengo in cuore
per il bene che ne è venuto, come da certe ore di preghiera senza parole e troppe lacrime…
per il male che non si deve dimenticare
perché le vittime innocenti non siano scordate.
di ponte in ponte,
mentre il cielo inondava di luce il fiume
e mi sembrava davvero sabato.
Oggi, Domenica di Pentecoste, in chiesa, non più chiusi in casa, ma “a casa”, a San Jacopino,
mentre in casa l’orchidea continua a fiorire
…quanto mi eri mancata! E già penso alla prossima giratina, dopo questa della vigilia di Pentecoste.
Con sosta in Duomo,
dove la mattina era stata finalmente celebrata la messa crismale ‘sospesa’ per il covid (quella del giovedì santo mattina),
( e qualcuno a me molto caro non aveva potuto partecipare – per gravi motivi di salute – per la prima volta in vita sua… )
a cercare pace
a trovare luce e perdono
GRAZIE
… e quindi uscimmo a rivedere le nuvole candide lassù
… quanto mi eri mancata!
Vivere a Firenze e non viverti…
Mesi di distacco dal cuore della mia città. Ieri mi è bastato un sabato pomeriggio, con la bimba affidata al suo babbo, per tornare a respirare i luoghi del mio cuore. Vie e piazze che i piedi sanno a memoria, anche se gli occhi non ne hanno mai abbastanza.
Insolito ‘deserto’ – non il vuoto del vero lockdown, ma per essere un sabato pomeriggio di primavera…
Ogni passo un battito del cuore ritrovato, anche grazie a un artista di strada improvvisato
a dare ritmo terrestre mentre la testa si perdeva…
perché a Firenze come alzi lo sguardo ti prende la sindrome di Stendhal
Passi e pensieri affidati al vento e all’acqua che scorre…
Raggi di luce inclinati a sfiorare i passi e accarezzare i pensieri…
Luce riflessa, luci e colori in continuo cambiamento…
” In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità…”
(Dal Vangelo secondo Giovanni,
Parola di oggi)
I riflessi del tramonto sull’acqua, che sia il fiume o il mare, sempre mi incantano, come la Luna
Luci, colori, sfumature, lacrime, pensieri in volo…
Risveglio ovattato a Firenze, oggi avvolta da una nebbia insolita e spessa,
ancora fitta stasera a smorzare luminarie e rumori.
Con la nebbia tutto sembra più lento, morbido e soffice.
La passeggiata alle Cascine oggi mi è sembrata un sogno,
lungo le rive del fiume,
non sembrava di essere a Firenze…
aria bagnata, silenzio di umani,
versi di uccelli, voli maestosi…
punti di riferimento cancellati,
distanze accordate ai respiri e ai pensieri, non alla vista…
esperienza affascinante.
Tra le curve dell’Arno,
le foglie, i rami e i rari umani.
Grazie!
Passeggiata quasi senza meta, ieri, vagabonda con vaga voglia di visitare una chiesa abbastanza vicina a casa, ma in cui non ero mai entrata… a passi incerti nell’afa di quest’estate che cuoce, mi ero fermata a leggere la targa
Qualche ricerca tra sito della parrocchia e wikipedia:
Correva l’autunno del 1087 quando Gerusalemme e il Santo Sepolcro furono riconquistati dai musulmani. L’Occidente, attraverso i principali re, reagì a questa perdita e le grandi potenze si apprestarono a organizzare la terza crociata, sotto il pontificato di Papa Clemente III. Il legato del Sommo Pontefice per l’invio della crociata fu il vescovo di Ravenna, Gerardo; come luogo di partenza per i crociati fiorentini fu scelto San Donato alla Torre. All’occasione, il 2 febbraio 1088, la chiesa fu solennemente consacrata dal vescovo Gerardo. La terza crociata non portò a buon fine i suoi obbiettivi.
È questo, forse, uno dei momenti storici più rilevanti della Chiesa di San Donato in Polverosa* (anticamente chiamata San Donato alla Torre); la testimonianza ne è la festa patronale della chiesa, festeggiata ogni anno il 2 febbraio, giorno della sua consacrazione. L’origine della chiesa risale a poco prima dell’anno 1000 quando, secondo un’antica leggenda, una principessa pagana arrivò in questi luoghi; convertita, comprò il terreno, lo fece disboscare e vi costruì una casa con una chiesa e una torre. Alla sua morte, come lasciato nel testamento, dalla sua casa fu costruito un monastero a cui andarono tutti i suoi beni.
Inizialmente, il monastero apparteneva ai Canonici Agostiniani Portuensi, detti “Polverosi” per il colore del loro saio. Verso il 1239, il monastero viene concesso dal vescovo di Firenze ai Frati Umiliati; dopo quasi vent’anni passò alle Monache Agostiniane di Santa Cristina, che successivamente scelsero di diventare cistercensi. Nel 1322 avviene una cessione alle cistercensi di San Donato del monastero di Santa Maria Maddalena delle Convertite, situate in Borgo Pinti; le suore “Convertite” lasciarono subito il monastero di Borgo Pinti e si recarono a San Donato. I rapporti tra i due monasteri saranno sempre intensi. Nel 1628 il monastero di Borgo Pinti sarà invece occupato dalle suore carmelitane, cambiando il nome in Santa Maria Maddalena de’ Pazzi (monastero occupato oggi dalla comunità degli agostiniani dell’Assunzione). Le monache restarono a San Donato fino al 1809, all’atto cioè della soppressione degli Istituti Religiosi operata dai francesi; lasciato in abbandono dai nuovi proprietari, il monastero fu comprato dal principe Nicola Demidoff, che vi costruì la sua residenza, una grande villa neoclassica.
Negli anni ’60 (del Novecento), attraverso doni e acquisti, la chiesa, il campanile e altri piccoli spazi passano in proprietà della nuova parrocchia San Donato in Polverosa.
Don Franco Bencini, instancabile priore (parroco di San Donato in Polverosa al 1963 al 2003) si dedicò molto alla costruzione, materiale e spirituale, della nuova parrocchia. Il suo lavoro fu fedelmente portato avanti, dal 2003 al 2009, da Don Wieslaw Olfier. Nel novembre 2009, la parrocchia fu affidata dal vescovo di Firenze, Mons. Giuseppe Betori, alla comunità degli Agostiniani dell’Assunzione, nominando parroco padre Giuliano Riccadonna e vice-parroco padre Lucian Dinca.
Oggi il parroco è sempre padre Giuliano Riccadonna, ma con vice-parroco padre Lwanga Kambale e padre Gervais Bakerethi.
Mentre leggevo i cenni storici, ancora incerta e confusa, una signora mi si è avvicinata e mi ha invitata a entrare, perché ieri, come ogni primo venerdì del mese, la chiesa era aperta tutto il giorno con il Santissimo esposto per l’adorazione eucaristica “Entra, c’è Gesù esposto”
E mi sono ritrovata in un gioiellino… un’oasi di pace e bellezza, fresco e silenzio, a un passo dal caos assolato di via di Novoli
Nel 2017, al termine dei lavori di recupero dell’attigua villa di San Donato, è stata liberata anche la facciata della chiesa, che ora dà su una piazzetta e che è stata arricchita da un portale moderno.
L’interno, a navata unica, conserva alcuni affreschi del XIV-XV secolo: di Matteo di Pacino sono l’Annunciazione, il Martirio di san Sebastiano, San Giorgio e il drago e la Madonna della Cintola, mentre l’Adorazione dei Magi e la Nascita del Battista furono dipinti da Cenni di Francesco di Ser Cenni.
GRAZIE
*Polverosa continuò a indicare il tratto di pianura che si estendeva, dentro le mura, da Santa Lucia al Prato fino a Porta Faenza (Fortezza da Basso) e l’area fuori le mura, oltre Porta al Prato e Porta Faenza, che comprendeva San Jacopino (San Jacopo in Polverosa) e la chiesa di San Donato, arrivando fino al ponte di Rifredi.
Stanca di consumare il camminamento lungo il Mugnone dove comunque respiro luce, ieri, prima giornata di pioggia dopo tanto, mi sono portata a piedi in centro.
Prima di tutto il doveroso assaggio della Sacher alla pasticceria austriaca di un’amica (fate un salto al Caffè Rainer in via San Zanobi, merita) e del suo compagno, maestro di golosità…
poi passi inquieti per vie cambiate troppo (spariti negozi storici, overdose di ovvio, catene, squallore anche al cuore della città del fiore…), ma salvi gli squarci di cielo tra quel che resta del bello costruito nei secoli.
Passi dove tante volte ero passata senza questo annuncio di nostalgia
Ripassi di passi di vita.
E dove ogni volta si ferma il cuore.
Passi lungo il fiume,
ogni ponte un abbraccio nella mente… e intanto la pioggia:
acqua dal cielo, cielo nel fiume
E il sospetto che ci sia rimasta più vita nella pietra che sotto i portici e gli ombrelli
e all’improvviso sentire che tutto andrà come deve andare. E iniziare a crederci. Davvero. Dal giorno di luglio in cui ho scoperto di essere in attesa non mi ero ancora ripresa dalla meraviglia… fortissima emozione inattesa. Da pochi giorni ci credo, sto per diventare mamma di una bimba che non vedo l’ora di riconoscere fuori da questa pancia almeno quanto adesso mi riempie di gioia conoscerla giorno per giorno da come si muove, scalcia, si gira, si placa cullata dai miei movimenti o si agita forse sognando… è in me, ma è già diversa da me, un’altra persona, un esserino che dipende dai miei respiri, da quel che mangio e poi da quel che le farò mangiare, ma non un pezzetto di me, un’altra persona da conoscere, una vita diversa con cui dividere lo spazio e condividere il tempo. Sarà anche lei una lunatica innamorata del cielo sopra Firenze?
Oggi è iniziato il corso di preparazione al parto… non ci insegneranno a partorire, come nessuno ci ha insegnato a vivere i cambiamenti non indifferenti che già ci sono stati, in fondo nessuno a parte noi può sapere quel che ciascuna di noi sta provando. Quel che possono darci l’ostetrica di riferimento e la figura variabile di accompagnamento (stamani una psicologa tirocinante), allora, che cosa sarà? Informazioni, incoraggiamento a fidarci di noi stesse e … un ambiente protetto (una stanza pulita e luminosa, con materassini e cuscini, separata dagli impegni e dagli elementi di disturbo del “fuori”) dove imparare a rilassarci. Fermare la giostra delle corse quotidiane per ascoltare chi ne sa più di tutti su quel che ci sta capitando: il nostro corpo e chi lo abita fino al momento di venire alla luce.
Uscire dalla Margherita e ripercorrere i viali interni di Careggi non più col gelo nel sangue anche in maggio, ma con te nella pancia… mi ha fatta sentire così leggera!
Il peso sulla bilancia sale in un modo che non avrei creduto possibile, il peso sul cuore se ne va.
Mi porterò sempre dietro la mia storia, ma tu, piccola Viola, mi stai aiutando a farne scivolare il dolore alle spalle
l’unico essere umano che può prendere a calci (e pugni e gomitate…) una donna
è chi deve ancora nascere