Stamattina era ancora in sala parrocchiale, a San Jacopino, la tela dipinta per la festa di domani. Don Leonardo mi aveva chiesto se mi sentivo di dipingere una grande ‘icona’ mariana per la GMG diocesana… e no, ma, anche se mi sentivo tremare le mani e mi scoppiava il cuore, la settimana scorsa mi ci sono provata, con i miei pennelli e colori acrilici da pochi euro, però con tutto l’amore per il soggetto. Prima, avevo fatto disegni di vario genere, l’idea era quella di una ‘Madonna del Segno’ in versione stilizzata, semplice, con tratti essenziali, ben visibile da lontano, su tela grande, per un incontro con tanti giovani…
quando ho chiesto consiglio a Don Fulvio, se fosse meglio farla con vestito blu e manto rosso o con vestito rosso e manto blu, mi ha suggerito il bordeaux scuro. E mi ha mandato una foto della Madonna della tenerezza, l’icona di Vladimir:
La mia libera interpretazione, parecchio libera (intanto ho studiato un po’ come i monaci iconografi fanno le vere icone… un mondo! Dai materiali alle tecniche e soprattutto la cura e la preparazione spirituale… inarrivabili), adesso è in camera, accanto alla finestra:
Per la Μήτηρ Θεού destinata alla GMG, su tela grande che mi ha procurato Don Leonardo, solo le foto di alcuni momenti, il pomeriggio in cui ho iniziato con il disegno a matita e lo sfondo, la mia ‘collega’ catechista, Cinzia, mi ha fatto compagnia, scattato alcune foto e dato supporto morale con tanti complimenti…avevo bisogno di incoraggiamento. Poi i colori mi hanno presa per mano…
Il frutto del grano è il segno della pace, quello dell’uva lo è della gioia. La vigna è simbolo dell’agognata terra promessa
(Rosanna Virgili)
Il cero da rinnovare, portato in sala parrocchiale
Che mi piaccia usare colori e pennelli non è un segreto, così, dopo l’estate, in parrocchia mi è stato chiesto se mi sentivo di decorare il cero pasquale … “no, troppa responsabilità!” gridava la mia insicurezza mescolata alla sicura coscienza dei miei limiti, ma la fiducia del viceparroco che me lo ha chiesto e l’affetto per il parroco che mi ha rassicurata col suo modo scherzoso “hai paura di far danni? Guarda com’è rovinato, peggio di così…” mi hanno convinta. Era la prima volta che provavo a dipingere sopra una superficie del genere e mi sono documentata un po’ in rete sulle tecniche e i materiali più adatti, anche se alla fine ho fatto con quel che avevo (pennelli portati da casa, come i colori acrilici che già avevo, oro compreso, solo dopo un giorno di ‘riposo’ della pittura, che doveva asciugare bene, ho comprato una vernice trasparente per fissare meglio tutto con un effetto finale lucido e il parroco, Don Fulvio, mi ha aiutata di nuovo: ha aperto lui la bomboletta spray del fissativo e mi ha consigliato dove procedere, accanto a una finestra aperta).
Prima di provare il ‘disegno’ che avevo in mente, rimosse (e messe da parte) le vecchie decorazioni, una passata di carta vetrata e pulizia con l’alcool.
Poi è iniziata la gioia di colorare.
Spighe di grano, grappoli di uva scura, la colomba dello Spirito Santo, la croce d’oro come un trono per il Re dei re, ma sempre croce, luogo di passione, dono totale di sé, strumento di tortura rovesciato in talamo nuziale, consegna senza riserve.
“Verranno e canteranno inni sull’altura di Sion andranno insieme verso i beni del Signore, verso il grano, il vino e l’olio […] la vergine allora si allieterà alla danza, giovani e vecchi gioiranno insieme. Cambierò il loro lutto in gioia, li consolerò e li renderò felici” (Geremia 31,12– 13)
Croce in oro per il Re, ma contornata di rosso, come il sangue versato per salvarci, come il fuoco che illumina, sale al cielo e rivela.
ἐγὼ τὸ ἄλϕα καὶ τὸ ὦ, ό πρῶτος καὶ ὁ ἔσχατος, ἡ ἀρχὴ καὶ τὸ τέλος,Ap., XXII, 13 ( “Io sono l’alfa e l’omega, il primo e l’ultimo, il principio e la fine”)
Le ore passate in canonica a pitturare sono state un dono di luce e pace GRAZIE
gioia piena alla Tua presenza, dolcezza senza fine …
La mia prima volta al CRE da mattina a sera (per due settimane). La prima volta davvero, neanche da bambina frequentavo centri estivi o attività di gruppo. Negli anni scorsi, come mamma di Viola, avevo partecipato un pochino per dare una mano (sanificazione, pulizie di fine turno…), ma era un CRE in versione ridotta per la pandemia, i bambini stavano negli spazi della parrocchia la mattina o il pomeriggio, divisi in “isole”, per non mandare in quarantena tutti al primo positivo al Covid. A settembre sono stata incaricata di seguire i bambini di terza elementare come catechista. E, in primavera, Don Fulvio Capitani, parroco di San Jacopo in Polverosa (a Firenze, semplicemente San Jacopino, per gli amici ‘intimi’ San Jack) mi ha chiesto di entrare a far parte dello staff del CRE, tra gli adulti responsabili, coordinatori degli animatori adolescenti. Dire che ne avevo paura è dire poco. Paura della responsabilità, paura di non reggere a contatto con tante persone tutte insieme, soprattutto paura di andare in tilt risvegliando ricordi feriti della mia vita passata nella condivisione di vita, emozioni, tempo e spazio con gli adolescenti. E devo ammettere che non è stata una passeggiata, ma mi ha fatto bene e mi ha dato tanto. Terapia per la me adolescente smarrita che ancora mi grida dentro senza voce e per ferite ancora più antiche (per quelle nuove ci stiamo lavorando in altro modo). Prova di slancio nel presente e nel futuro lasciando passare il passato. Esercizio di consapevolezza: toccare i miei limiti e guardarli con umiltà, senza pretesa di perfezione impossibile, fiduciosa nell’aiuto degli altri e dell’Altro. Il mio ‘mantra’ era “se questo incarico è un’opera del Signore, Lui mi guiderà e mi darà o ha visto in me le capacità per fare bene ai bambini”. La felicità di Viola e degli altri bambini, i sorrisi anche dei bambini un po’ più isolati, ‘difficili’, con problemi a giocare in gruppo o altro… e l’affetto e la stima degli animatori, le parole degli altri educatori mi hanno detto che è andata bene.
Ricordo con gioia i preparativi, soprattutto le riunioni con le novizie Lucie e Christen e gli animatori esperti, Emanuele e Matteo, per pensare, scegliere, comporre il momento della “restituzione” (il punto sulla mattinata, all’ora di pranzo, con attività divertenti, ma più tranquille rispetto ai giochi scatenati con gli animatori, percorse dal filo dell’annuncio buono, in armonia col Vangelo letto la mattina e quando possibile in tema con gli episodi della storia – quest’anno riduzione teatrale dal meraviglioso mago di Oz – per dare sostanza bella e tentare una semina).
Ricordo con divertimento gli incontri per l’ambientazione, a dipingere scimmie volanti e omini verdi, spaventapasseri e scarpette argentate, poi viste in scena. Applausi ai ragazzi che hanno recitato ogni mattina per i bambini!
Ricordo con gratitudine le ore condivise, anche se confesso il bisogno che avevo di scappare un’ora al giorno in cappellina a pregare (l’asociale che è in me reclama momenti di solitudine? O, semplicemente, per dare, trasmettere, comunicare, mi occorre ricevere la ricarica dall’Unico Maestro? Avevo bisogno di stare in silenzio, almeno un po’, prima di rituffarmi tra canzoni e giochi, cerotti sulle ferite e disegni per chi aveva voglia di attenzioni a tu per tu).
Nella prima settimana c’è stata anche la gita al Cavallino Matto, a Donoratico. Inutile dire che non ci ero mai stata prima, neanche da bambina. E quel giorno ero l’unica adulta sul pullman a parte l’autista, un pullman a due piani pieno di bambini… senza gli animatori adolescenti esperti di gite coi bambini non so come me la sarei cavata. GRAZIE!
Nel parco di divertimenti mi sono prestata come maggiorenne per un gruppo di bucanieri in miniatura e dopo le cannonate (ad acqua) ero da strizzare… ma mi ero portata un vestito di ricambio e sotto indossavo il bikini (un salto al mare mi avrebbe fatto piacere, ma non era una gita di piacere per ‘noi grandi’… era per i bambini!)
L’uscita della seconda settimana è stata più bella, per me. A San Piero a Sieve, ospiti di Don Daniele Centorbi, vicario a San Jack quando Viola ha frequentato la prima “Summerlife” in tempi di pandemia, ora parroco a San Pete. Il nuovo viceparroco di San Jacopino, Don Leonardo Tarchi, si è fatto conoscere come un altro vero uomo di Dio, sensibile, colto, gentile, puro… i primi tempi, però, ha ‘scontato’ il dispiacere per la partenza di Don Dan.
A San Piero a Sieve ci hanno anche fatto foto da un drone! La scritta umana TUTTI PER UNO
e i cerchi in piazza.
Con il caldo assurdo di questo giugno che sembrava luglio, il pomeriggio i bambini erano impegnati in ‘laboratori’ per non scalmanarsi, ne sono uscite meraviglie:
E l’ultimo giorno del CRE, nel campino abbellito dal più imponente dei ‘lavoretti’ (il murales), abbiamo celebrato la messa prefestiva di San Giovanni.
Perché a Firenze San Giovanni resta il 24 giugno, coi Fòchi tornati dopo i due anni di stop per il Covid
Un pieno di emozioni, davvero.
Batticuore come sui cappellini e le magliette, i braccialetti e alcune canzoni… e i momenti di preghiera per prepararsi e ripensarci.
Grazie a tutti i bambini, i ragazzi, gli adulti che hanno dato una mano. Grazie ai Don