cuore a fuoco

L’ultima volta che sono stata a Parigi con lo sposo, nell’aprile del 2012, mi ero soffermata incantata sulle statue che proteggevano Notre-Dame e Parigi… 

Uno dei luoghi più belli del mondo, il più caro al mio cuore tra le meraviglie della città che spesso mi ha curata con la sua eleganza e grazia.

Non a caso era stato il regalo per un anniversario di nozze, novembre 2010…

Parigi, certo, le Quartier Latin, il Marais,

la bellezza di Place des Vosges,

ma non posso andare a Paris senza una sosta a Notre-Dame

Ieri sera…

Notre DRAME

…senza parole davanti a tg, news on line… 

e stamattina le prime immagini dell’interno: incendio domato nella notte, la struttura non è collassata,

altare e croce… si riparte da qui

 

au revoir, Paris

mano nella mano, cuore a cuore, ci siamo incamminati nel pomeriggio del congedo. Ultimo sguardo al municipio,

ritorno per le promesse alla “mamma” (oltre alla Luna, anche Notre-Dame è la nostra mamma dell’anima)

contemplandola solo da fuori, stavolta, ma da ogni punto di vista, consumando di passi e sguardi l’l’île de la cité

e presi per parigini da una coppia di svedesi in vacanza, cui ho scattato un paio di foto e che mi hanno ringraziata calorosamente in inglese scusandosi di parlare poco il francese! Si doveva proprio aver l’aria di esser di casa lì,

tra l’île de la cité e l’île Saint-Louis

che custodisce il segreto del cielo di Parigi..

et le ciel de Paris
a son secret pour lui
depuis vingt siècles il est épris
de notre île Saint-Louis
quand elle lui sourit
il met son habit bleu 
quand il pleut sur Paris
c’est qu’il est malheureux
quand il est trop jaloux
de ses millions d’amants 
il fait gronder sur nous
son tonnerr’ éclatant
mais le ciel de Paris
n’est pas longtemps cruel 
pour se fair’ pardonner
il offre un arc en ciel

e giochi di luce su quel maestoso fiume

difficile da lasciare, via di corsa a recuperare i bagagli in hotel, buttando giù il magone solo in parte dovuto al congedo da un sogno…
Alla stazione, mentre Sandro cercava il binario del nostro treno per Milano, mi sono fermata a comprare due baguettes, formaggio, burro e prosciutto, per cenare in sala d’attesa. Con un clochard che mi si è addormentato quasi in grembo… levandomi la voglia di fumare per diverse ore (sazia del suo odore di fumo). E con un filo d’ansia per il ritorno in cuccetta, memore del primo viaggio a Parigi, ché condividere la notte in treno con estranei è sempre un’avventura, anche divertente nel ricordo a distanza,

ma – penso proprio sia stata Notre-Dame – nello scompartimento a quattro eravamo solo noi due 😉


Prima di correre alla Gare de Lyon, però, alla nostra stazione, la Gare Saint-Lazare, mi ero rifornita anche di cioccolato per il viaggio…

la nostra colazione all’alba del Primo Maggio, in attesa di cambiare treno, alla stazione centrale di Milano, per tornare a Firenze con un regionale di seconda classe che avrebbe depositato a Rifredi, sotto la pioggia, ogni lacrima, ogni sorriso, tutto l’incanto e la stanchezza nei piedi e sul viso

primavera nel Marais

e venne l’ultimo giorno di Aprile, l’ultimo giorno a Parigi, il primo giorno scaldato da un bel sole senza lacrime di nuvole.
Monna Lisa ci perseguitava anche nel Marais

… senza fiato appena entrati nella nostra piazza. Place des Vosges ci era rimasta in cuore da una sera di autunno, quando, nel novembre 2010, una guardia ci aveva scacciati dal giardino perché era già l’ora di chiudere i cancelli. Arrivarci in una mattina di primavera assolata è stato un sogno ricomposto,

 assaporato con calma, in una lenta passeggiata sotto i portici

e lunghe soste sulle panchine

con vista sul divertimento di grandi e piccini
e un albero da abbracciare, anche se non era un pino,

prima di correre al centro del giardino, davanti al monumento a Louis XIII

a cavallo sotto tutte quelle foglie verdi da far girare la testa

in una primavera in festa
di bambine a giocare come in spiaggia dopo tanta pioggia

nell’ombra lieve

a perdifiato sugli scivoli

 e i più grandi a riposare

e a scordare per un momento la campagna elettorale

mentre i suonatori invitavano a danzare ancora sotto i portici

La seconda volta

Da Firenze a Milano con il cuore che batteva più forte non solo per il pensiero bello del ritorno a Parigi, anche per l’occasione di incontrare alla stazione un’amica conosciuta in rete e mai abbracciata con le braccia. Alla stazione centrale di Milano finalmente è successo, con quella lieve meraviglia sorridente che ti coglie quando riconosci in una persona in carne e ossa l’anima di chi già ti stava a cuore. C’erano anche il compagno di lei e l’angelo briaho con la fidanzata. Un caffè fuori dalla stazione e qualche risata, i doni (per il compleanno ormai passato e per il viaggio) e l’abbraccio interrotto dalla “frontiera mobile”… la police non permetteva agli accompagnatori di salutare noi al binario del treno notturno per Parigi!

Risveglio con vista dal finestrino… campagna in corsa, cuore alla Ville Lumière.
Dalla Gare de Lyon

con la linea viola del Métro


siamo arrivati alla Gare Saint-Lazare il giorno in cui Lazzari ha segnato il gol decisivo per la vittoria viola a Roma (non accadeva da vent’anni, che la Fiorentina vincesse all’Olimpico!), 25 Aprile… Liberazione dall’Italia, ma senza lasciare a casa la passione condivisa. Stavolta condivisa e festeggiata all’Havane con gli Esiliati Viola à Paris. Che gioia tornare in Boulevard Blanqui e … sentirsi a casa, di nuovo, appena arrivati per la seconda volta insieme a Parigi.

guerra e pace

Ho visto la smorfia del suo dolore,
ho visto la gloria nel suo sguardo raggiante
anche io vorrei luce ed amore
ma, se arriva, deve essere
sempre così crudele e accecante?  

Trocadéro e  Tour Eiffel mi hanno delusa, ma l’entusiasmo è tornato alto con la visita al Musée de l’Armée

(dovevo – su richiesta del babbo pacifista e grande appassionato di storia anche militare – andare a salutare Napoleone sepolto aux Invalides)

(Sandro si finge invalide aux Invalides)

abbastanza stranita dalla folla di turisti intorno alla ferraglia, mi sono ripresa nel complesso di edifici che in armonioso stile neoclassico ospitano, oltre alle spoglie dell’Imperatore, la cappella di Luigi XIV, anziani reduci e tombe di eroi, armi e trofei di guerra dal Seicento alla Seconda Guerra Mondiale.

Accanto a carri armati e cannoni mi sentivo come una bambina davanti a giocattoli speciali… e solo così i bambini dovrebbero conoscere le armi: in un museo, come reperti del passato, pezzi di storia da non ripetere.

E poi correre fuori a giocare tra le foglie gialle in un prato verde sotto il cielo azzurro e le nuvole bianche

  … incuranti di schieramenti armati per visite di Stato.

E rincorrere luci e nuvole sopra il Pont Alexandre, sotto l’egida di angeli muti

Simile senso di pace nel solenne silenzio dentro Notre-Dame, incantata dalla luce colorata che filtra dai rosoni e toccata in fondo all’anima da qualcosa che non so dire, ma che posso ricordare con il volo di un gabbiano, visto per un momento come la colomba dello Spirito Santo o della PACE…

come ricordo che proprio lì sono voluta tornare, anche l’ultimo giorno a Parigi, a rendere omaggio all’eroina bruciata come eretica, ora venerata come santa…

anche oggi, a Jeanne D’Arc dedico la canzone di Faber  

Attraverso il buio Giovanna d’Arco
precedeva le fiamme cavalcando
nessuna luna per la sua corazza
nessun uomo nella sua fumosa notte al suo fianco.

Della guerra sono stanca ormai
al lavoro di un tempo tornerei
a un vestito da sposa o a qualcosa di bianco
per nascondere questa mia vocazione al trionfo ed al pianto.

Son parole le tue che volevo ascoltare
ti ho spiata ogni giorno cavalcare
e a sentirti così ora so cosa voglio
vincere un’eroina così fredda, abbracciarne l’orgoglio.

E chi sei tu lei disse divertendosi al gioco,
chi sei tu che mi parli così senza riguardo?
Veramente stai parlando col fuoco
e amo la tua solitudine, amo il tuo sguardo.

E se tu sei il fuoco raffreddati un poco,
le tue mani ora avranno da tenere qualcosa,
e tacendo gli si arrampicò dentro
ad offrirgli il suo modo migliore di essere sposa.

E nel profondo del suo cuore rovente
lui prese ad avvolgere Giovanna d’Arco
e là in alto e davanti alla gente
lui appese le ceneri inutili del suo abito bianco.

E fu dal profondo del suo cuore rovente
che lui prese Giovanna e la colpì nel segno
e lei capì chiaramente
che se lui era il fuoco
lei doveva essere il legno.

(Fabrizio De André)

[à Paris, 7]

e le ballerine

Art is not what you see, but what you make others see
(Edgar Degas)

Il giorno dopo la ricreazione all’Orsay, mercoledì 3 novembre 2010, siamo andati a salutare Degas (e Dalida e Nijinski) nel pittoresco cimitero di Montmartre,

colorato di autunno sotto la strana sopraelevata che lo attraversa, tra foglie gialle e corse di nuvole incantate.


Spettacolare anche la salita dal metrò, con pareti dipinte che facevano volare i passi sui tanti gradini (Sandro invocava già la funicolare, ma neanche dopo l’abbiamo presa, percorso tutto a piedi per non perdere un solo scorcio o respiro del più desiderato tra i luoghi fino a quel viaggio soltanto sognati).

E, dopo i pittori in piazza (davvero carina place du Tertre)

e i giochi da lì a qui

e il Sacré-Coeur (imponente, ma deludente, specialmente all’interno, dopo Notre-Dame, anche se spettacolare per la vista dall’alto)

e i ristoranti che ristoravano l’animo anche solo a guardarli da fuori

(ce n’era pure uno con il mio nome),

la visita d’obbligo (di giorno, però) al quartiere un po’ porno: Pigalle e il celeberrimo Moulin Rouge, con un lieve imbarazzo, ma ben scortata e serena comunque (le donne, a Parigi, possono girare anche da sole la sera, in una città piena di luci, davvero viva… più libertà, senza le paure inevitabili qui).

E, finalmente, a cena in un dipinto di Manet

 (foto scattata da una signora inglese a tavola con noi e con uno scozzese)

al Bouillon Chartier: cibo tipico, prezzi modici, bolgia all’interno e fila infinita all’esterno…con un dessert per gli occhi, all’uscita, più goloso di qualsiasi mousse au chocolat, per me:

  [à Paris 5]

foglie

Les feuilles mortes se ramassent à la pelle
tu vois, je n’ai pas oublié
les feuilles mortes se ramassent à la pelle
les souvenirs et les regrets aussi.

Et le vent du Nord les emporte,
dans la nuit froide de l’oubli…
Tu vois je n’ai pas oublié,
la chanson que tu me chantais…

sfoglierei all’infinito i ricordi delle passeggiate parigine…

Quartier Latin: rue Sainte-Geneviève, place du Panthéon, Sorbonne,  Saint-Etienne du Mont, place Saint Michel, rue Descartes, rue Pierre et Marie Curie, église de Saint Séverin…

era meraviglioso passeggiare a Parigi in un inizio di novembre che senza il freddo vento del nord sarebbe sembrato primavera! Peccato per i lavori alla facciata di Saint-Sulpice, ma la piazza con la fontana dei  punti cardinali meritava  (non siamo entrati nella chiesa a cercare il meridiano di Parigi tra gnomone e obelisco), anche se cercavo con lo sguardo incontri di studenti al Café de la Mairie (troppi film).

Bello camminare, con lo sposo al mio fianco, per le strade ancora vuote la mattina, osservando il risveglio lento dei sans logis nei giacigli improvvisati al centro dei marciapiedi larghi (nessuno che disturbasse il sonno dei senza fissa dimora, almeno non ci è mai capitato di assistere alle manifestazioni di vile arroganza e stupida violenza che nella penisola quasi non fanno più notizia).

Magnifico godersi l’aria fresca e le chiese profumate di offerte, incenso e candele votive, le piazze popolate di parigini e turisti, ragazzi e pensionati, signore eleganti e mendicanti di tutti i colori e gli accenti, la vita fuori dalle case, ogni giorno della settimana, i mercatini e le fontane… acqua buona a disposizione di tutti (si beveva per via senza problemi, si pagava solo il vino). E i giardini, ancora giardini…

e tornare ogni volta sulle rive della Senna, in un incanto autunnale di foglie che non so immaginare in primavera. Tra meno di tre settimane le vedrò

[à Paris 3]

Pino parigino

Nel periodo del nostro prossimo soggiorno parigino verrà disputato l’incontro calcistico Atalanta–Fiorentina,  ma dopo il sabato della vergogna (17 marzo 2012, manita da’ gobbi in casa nostra), mi rifiuto di seguire le gesta dei signorini che indossano senza ritegno la Maglia Viola, anche se di qui alla fine del campionato ogni partita potrebbe essere una sfida per la salvezza o un passo verso la serie B. Certo che sarebbe bello tornare all’Havane Cafè!
La sera dell’arrivo a Parigi, la mia prima volta nella città che già sognavo e tanto amo, gli Esiliati del Viola Club Paris mi fecero sentire subito a casa… bisogna che li riveda, sì, bisognerà cogliere di nuovo l’occasione di sentirsi uniti da quel magico colore.

Mentre l’Italia si sfaldava e tremava e piangeva sotto la pioggia, oltre che nel fango non solo metaforico, mi godevo con lo sposo un incantevole autunno nella magica città delle mille luci… poi, al rientro, senza voglia di riprendere contatto con la realtà più avvilente, mi  ero sentita parecchio a disagio, ma per qualche giorno almeno ero riuscita a dirmi che piuttosto mi sarei dovuta sentire in colpa se non avessi scelto di scacciar via i sensi di colpa e tutti gli alibi senza senso che frenano la gioia di vivere con l’anima spalancata. (Esserci, leggerne, piangerne… avrebbe cambiato qualcosa?).
Oggi è diverso. Mi sento a disagio se mi tradisco, non se godo. Mi piace ricordare la vacanza parigina prima di rinnovare l’incanto? Ricordo.

Il giorno dell’arrivo, appoggiati i bagagli in un angolo della hall, perché la nostra camera non era ancora pronta, per prima cosa una girata per le vie del quartiere e la scoperta di tanti giardini, non famosi e spettacolari come le Tuileries,

ricche di statue, fontane, viali e vialetti, giardini nei giardini e curve e spiazzi affollati di gabbiani vanitosi (si mettevano in posa per le foto!)

o gli Champs Elysées (enormi e fioriti),

ma luminosi, ricchi e profumati ovunque

… anche in periferia spettacoli di rami e foglie colorate d’autunno

e anche a Parigi abbracciavo i pini,

abbracciavo un pino parigino

come, anche a Parigi, si fraternizzava con i manifestanti

e si leggevano giornali di lotta e di protesta…

anche senza smettere di fare i turisti, non per caso, ma per amore

[ à Paris, 2]

pioggia di ricordi a caso

Aprile è il più crudele dei mesi,
genera lillà da terra morta,
confondendo memoria e desiderio,
risvegliando le radici sopite
con la pioggia della primavera…

(T.S. Eliot, La terra desolata)

La pioggia si fa desiderare, in questa nuova asciutta primavera.
Aprile mi confonde spesso, ma stavolta abbraccio il risveglio senza fuga, corro incontro a ricordi e nuove voglie, rimescolo incanti autunnali e piccole strategie di sopravvivenza a tremori, gonfiori, stanchezza…

Tra la Liberazione e il Primo Maggio torneremo a Parigi, con una coppia di amici, non da soli come la prima volta.
Ero già stata almeno mille volte nella Ville Lumière come spesso sono stata a fare colazione su Plutone, attraverso letture, canzoni, film… e sì,  è vero che è bello leggere, fantasticare, lasciarsi trasportare dalle suggestioni ricreate da altri come scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli (Emilio Salgari), ma metterci piede davvero e camminarci dentro è stato come danzare dopo aver visto ballare altri.
Un fantastico regalo per l’anniversario delle nozze, nell’anno in cui il cucciolo diventava maggiorenne.

Ricordo il ritorno dal sogno, con gli occhi arrossati dalla notte in treno e il cuore gonfio di bellezza, sotto una pioggia diversa da quella che la sera prima bagnava Parigi, città favolosa, colorata e luminosa anche nel pianto dirotto delle nuvole, ricordo lo smarrimento e la fatica a riconoscere in Firenze la mia città. E la corsa per non perdere la partita della Fiore (quella del 31 ottobre 2010, trasferta a reti bianche a Catania,  l’avevamo seguita all’Havane Cafè

con gli Esiliati del Viola Club Paris),

l’emozione dell’incontro con il nipotino tanto atteso, nato la sera prima della partenza… e la poca voglia di riabituarmi alle proporzioni ridotte. Firenze l’è piccina, Parigi enorme.

Soltanto il giorno prima del rientro un’intera giornata di pioggia, fine fine al mattino durante la visita al cimitero di Montparnasse, con sosta di Sandro (il mio sposo è un giocatore di scacchi) alla sepoltura di Alechin,

mentre per me era imprescindibile un omaggio a Sartre e Simone de Beauvoir.

Poi pioggia forte, incessante, maestosa, sfondo d’acqua e colonna sonora che nel ricordo viene per prima, punteggiata di briciole di memoria come la sosta per mangiare al calduccino in una brasserie del Quartier Latin, già percorso di giorno e di notte col cuore in volo e i capelli al vento

e le vetrate di Notre-Dame, dove sono voluta tornare ancora una volta l’ultimo giorno,

prima di correre a prendere il treno per la notte dell’anniversario in scompartimento a due,

sistemazione assai più confortevole del terrificante viaggio d’andata in cuccette a sei posti…

[à Paris, 1]