mano nella mano, cuore a cuore, ci siamo incamminati nel pomeriggio del congedo. Ultimo sguardo al municipio,
ritorno per le promesse alla “mamma” (oltre alla Luna, anche Notre-Dame è la nostra mamma dell’anima)
contemplandola solo da fuori, stavolta, ma da ogni punto di vista, consumando di passi e sguardi l’l’île de la cité
e presi per parigini da una coppia di svedesi in vacanza, cui ho scattato un paio di foto e che mi hanno ringraziata calorosamente in inglese scusandosi di parlare poco il francese! Si doveva proprio aver l’aria di esser di casa lì,
tra l’île de la cité e l’île Saint-Louis
che custodisce il segreto del cielo di Parigi..
et le ciel de Paris
a son secret pour lui
depuis vingt siècles il est épris
de notre île Saint-Louis
quand elle lui sourit
il met son habit bleu
quand il pleut sur Paris
c’est qu’il est malheureux
quand il est trop jaloux
de ses millions d’amants
il fait gronder sur nous
son tonnerr’ éclatant
mais le ciel de Paris
n’est pas longtemps cruel
pour se fair’ pardonner
il offre un arc en ciel
e giochi di luce su quel maestoso fiume
difficile da lasciare, via di corsa a recuperare i bagagli in hotel, buttando giù il magone solo in parte dovuto al congedo da un sogno…
Alla stazione, mentre Sandro cercava il binario del nostro treno per Milano, mi sono fermata a comprare due baguettes, formaggio, burro e prosciutto, per cenare in sala d’attesa. Con un clochard che mi si è addormentato quasi in grembo… levandomi la voglia di fumare per diverse ore (sazia del suo odore di fumo). E con un filo d’ansia per il ritorno in cuccetta, memore del primo viaggio a Parigi, ché condividere la notte in treno con estranei è sempre un’avventura, anche divertente nel ricordo a distanza,
ma – penso proprio sia stata Notre-Dame – nello scompartimento a quattro eravamo solo noi due 😉
Prima di correre alla Gare de Lyon, però, alla nostra stazione, la Gare Saint-Lazare, mi ero rifornita anche di cioccolato per il viaggio…
la nostra colazione all’alba del Primo Maggio, in attesa di cambiare treno, alla stazione centrale di Milano, per tornare a Firenze con un regionale di seconda classe che avrebbe depositato a Rifredi, sotto la pioggia, ogni lacrima, ogni sorriso, tutto l’incanto e la stanchezza nei piedi e sul viso