Tra le briciole da salvare anche un sogno nella notte tra martedì e mercoledì, raccontato con un post al volo nel gruppo facebook “Gli Amici del Maghero”…
Stanotte per la prima volta ho sognato Riky come era prima di smettere di giocare. Aveva una tenuta da calcio, ma non era chiaro di quale squadra. Noi eravamo tutti in un posto enorme, forse uno stadio, ma seduti come a teatro o per il processo… Arrivava Riky con i capelli corti e si avvicinava al “pubblico” dopo che qualcuno, forse Guido Magherini o Andrea …l’avvocato Fabio Anselmo era a sedere rilassato…aveva annunciato l’arrivo non di una prova, ma della prova. Riky mi prendeva le mani e mi sorrideva come dicendo senza parole “grazie per aver scritto e raccontato la mi storia. Ora tranquilla…andrà bene” Posso sperare sia una specie di segno che almeno stavolta il processo farà giustizia? Era solo un sogno Ma quel sorriso mi aiuta a affrontare una giornata non facile
E stasera è tornato a casa il computer, formattato e di nuovo fornito di programmi, con un sistema operativo diverso e alcuni dati salvati alla rinfusa… devo ancora farci amicizia. Mi salvo qui, on line, alcune foto di questi giorni, giorni di afa e dentista, temporali pomeridiani e sfoghi di rabbia annegati nella tenerezza per Viola
(Foto scattate da uno studente fuori sede – la piazzetta dove giochiamo con Viola è davanti alla Casa dello studente – con cui ho parlato di Riccardo Magherini… raccontiamo sempre la tua storia)
Domani, alle ore 13, nel Palazzo di Giustizia di viale Guidoni a Firenze si terrà una nuova udienza del processo per la morte di Riccardo Magherini. Dovrebbe essere l’ultima udienza preliminare, per poi iniziare in ottobre a ritmo serrato, anche un’udienza alla settimana, il processo vero e proprio. Stavolta temo che non potrò esserci fisicamente e mi dispiace, ma farò il possibile per passare dal tribunale anche domani. C’ero l’undici giugno, finita anche nei servizi al tg3 regionale e nel video a cura di Matteo Calì (leggete il dossier Speciale Magherini sul Sito di Firenze, c’è tutto, leggete il libro di Matteo Calì, Raccontate la mia storia).
Ci saranno comunque tanti amici, lo so, ci saranno il fratello di Riccardo, Andrea Magherini, il babbo Guido, la mamma Clem, Ljuba e Ivano, Giulia, Jeanne, Rossano, Lucia…
Ci saranno le magliette gialle e le lacrime, i sorrisi dell’amore che Riky ha seminato in vita e anche dopo, facendo sbocciare una primavera infinita.
Riccardo Magherini era un giovane di quasi quarant’anni, promessa della Fiorentina, fermato da un infortunio dopo aver giocato non solo nella Primavera viola, e diventato poi piccolo imprenditore. La notte tra il 2 e il 3 marzo 2014 Riccardo era fuori per una cena di lavoro. Dopo la cena, nel tragitto verso casa qualcosa lo spaventa terribilmente…in preda al panico (o terrore concretamente motivato?) arriva nel suo quartiere, diladdarno, in San Frediano, cercando aiuto, gridando “AIUTO!”. Diverse persone sollecitano un intervento per la presenza di una persona in evidente difficoltà. I carabinieri giunti sul posto immobilizzano Riccardo tenendolo a terra in posizione prona. Il tutto avviene per strada, davanti a testimoni che raccontano di calci sferrati a Riccardo mentre era immobilizzato, ammanettato faccia a terra. Molti si affacciano alla finestra e assistono alla scena filmando tutto. Si sente Riccardo che grida “aiuto”, “aiuto aiuto sto morendo” qualcuno grida “no, i calci no!”. In seguito, nella ricostruzione dei concitati momenti dell’intervento, le lacune non tardano ad evidenziarsi: alle ore 1,21 uno dei militari chiama la centrale operativa spiegando che sono intervenuti su una persona “completamente di fuori, a petto nudo, che urla”. All’1,24, il 118 invia un’ambulanza. Parte un mezzo dalla vicina sede della Croce Rossa, con tre volontari a bordo. All’1,31 la centrale operativa dei carabinieri chiama di nuovo il 118 perché si sente la sirena ma l’ambulanza non è ancora arrivata e l’arrestato “fa ancora come un matto”. All’1,32, il 118 contatta la sede della Croce Rossa e un minuto più tardi, uno dei volontari chiama il 118, annuncia di essere sul posto e spiega che l’uomo “ha reagito in maniera violenta, gli sono addosso in due per tenerlo fermo e vogliono il medico per sedare l’arrestato”. Si saprà poi che all’arrivo di quella prima ambulanza, Riccardo giace a terra ormai immobile e silenzioso. Condizione, la sua, di cui il volontario non fa cenno, anzi, omette di specificarla alla centrale del 118, che all’1,35 contatta l’automedica . La situazione , invece, si profila immediatamente difficile e viene trascurata fino al tragico epilogo, tanto che l’operatrice, non avendo il minimo sentore del dramma dice: “freddo non gli prende perché ci ha due carabinieri sopra”. Da questa frase si capisce che almeno due carabinieri continuano a stare sul corpo di Riccardo anche dopo che quest’ultimo ha smesso di urlare e divincolarsi: Riccardo è già morto e i necessari primi soccorsi di fatto vengono impediti. I testimoni hanno affermato che per immobilizzare Riccardo i 4 agenti abbiano usato, come si legge nella denuncia fatta dalla famiglia, “un uso della forza non previsto e contemplato nelle tecniche di immobilizzazione delle forze dell’ordine, fra cui: presa e stretta del collo con le mani; calci quantomeno ai fianchi e all’addome anche nel momento in cui era già steso prono a terra; prolungata pressione di più agenti sul suo corpo, compreso il tronco, in posizione prona sull’asfalto”. Inoltre, in attesa dell’ambulanza con il medico, durante l’intervento dei primi sanitari sul posto «non hanno provveduto nemmeno a rimuovere Riccardo da quella posizione né a liberarlo dalle manette, al fine di consentirgli quantomeno una migliore respirazione». E’ importante sottolineare, che nel verbale autoptico redatto dalla procura fiorentina si esclude che la morte sia stata causata esclusivamente da overdose di cocaina, come sostenuto invece dai legali della difesa, dal momento che nel sangue è stato trovato un quantitativo di coca pari a 0,3 mg. L’autopsia indica che le concause della morte sono la disfunzione cardiaca dovuta allo stato di agitazione e stress procurati dalla situazione che stava vivendo Riccardo in quel momento e l’asfissia. Sul corpo sono stati inoltre rinvenuti numerosi segni della violenza subita quella notte, dalla frattura costale e dello sterno, alle varie emorragie interne tra cui quella al fegato in corrispondenza dei calci subiti. I 4 agenti coinvolti provvedono a farsi refertare per i danni subiti nella presunta colluttazione e denunciano Riccardo per resistenza a pubblico ufficiale, violenze e furto di un telefonino ( lo aveva preso proprio per chiedere aiuto). Infine, non tutto il materiale audio fornito dal 118 è stato prodotto dalla procura, tant’è che risulta mancante proprio un colloquio telefonico in cui si rileva come i soccorsi siano stati impediti dagli agenti presenti. Riccardo muore schiacciato sull’asfalto…
“Aiuto, ho un figliolo, basta”.
Muore quando il primo 118 arriva senza medico a bordo; muore perché la seconda ambulanza giunge dopo quindici minuti e la manovra di rianimazione è oramai inutile.
Riccardo Magherini era un giovane di quasi quarant’anni, promessa della Fiorentina… era un figlio, un fratello, un babbo, un amico, un cugino, un marito, un uomo. Un uomo morto mentre era tra le mani di chi avrebbe dovuto difenderlo. Un cittadino morto mentre era affidato a chi dovrebbe difendere i cittadini. Vogliamo giustizia
come avevi chiesto, Riccardo… Le ultime parole di chi chiedeva aiuto invano, “raccontate la mia storia”, mi rimbombavano nella corsa verso i tuoi luoghi, con il cuore in affanno e tanta voglia di esserci.
L’appuntamento era oggi pomeriggio in piazza del Cestello, a pochi passi da dove è stato morto un figlio di questa Firenze, per l’anteprima nazionale della presentazione del lavoro di Matteo Calì
Jeanne mi aveva tenuto un posto accanto a lei, tante persone in piedi…i soliti assenti, le presenze ormai famiglia di cuore. La maglietta arancione con la scritta “verità e giustizia” dietro e “I LOVE RIKY” sul cuore, regalo di Chiara, mi abbracciava e sosteneva ascoltando una storia che già conoscevo, ma che non manca di smuovere altro dolore. Andrea, fratello di sangue di Riccardo, fratello d’anima di tutti noi, si è fermato più di una volta sopraffatto dall’emozione.
C’era l’avvocato Fabio Anselmo, instancabile, unico. Non solo per questa storia. C’era naturalmente babbo Guido, lo sguardo coraggioso e commovente dietro gli occhiali da sole, per il tanto sole e per le inevitabili piene di sentire che spesso arrivano agli occhi. Immenso.
Sono stati letti passaggi del libro (me lo compro martedì, già prenotata una copia per me alla Marabuk, la libreria dove si terrà la prossima presentazione, quella dei librai ex Edison che frequento anche con Viola, a due passi dal giardino dei suoi giochi d’infanzia).
E Matteo Calì ha raccontato anche la sua storia con la storia di Riky, come ha cominciato a studiare, approfondire, conoscere tutto quel che è stato ucciso con Riccardo il 3 marzo 2014.
Poi sono venuta via, per l’ora (a casa mi aspettava Viola per la pappa e sono a piedi), ma non solo… a un certo punto stavo per scoppiare a piangere, dopo tutto questo tempo, dopo tutte le volte che abbiamo parlato di Riccardo, della sua morte assurda… ancora mi sconvolge quello che viene su e solo camminare, camminare, camminare… anche ripercorrendo i passi di quella notte maledetta, mi ha riportata a un ritmo del cuore compatibile con l’andare avanti. Senza perdere il sorriso, la voglia di giocare, amare, cantare, portare gioia …
Riky amava la vita e non ci vorrebbe vedere in lacrime. Arrabbiati sì, non affranti. Determinati, fino alla fine, ma sempre gentili, mai violenti o disperati.
E c’è ancora, ci abbraccia da sopra le nuvole
“… cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova…”…
(Isaia, alla messa di ieri per Riky in Santo Spirito)
foto di Chiara Scali
Confesso che quando il sacerdote ha detto “un anno fa il Signore ha chiamato a sé Riccardo…” mi sono dovuta mordere le labbra per non gridare “il Signore lo ha chiamato? O ce l’hanno spedito a suon di botte?”… poi, però, il celebrante ha chinato il capo e aggiunto “lo ha chiamato a sé con modalità così dolorose che è difficile accettare…” e ha ribadito che “la giustizia terrena deve fare il suo corso”. E al presidio in piazza Santo Spirito c’era anche l’avvocato Fabio Anselmo.
Una messa per cercare consolazione, pregare per chi non c’è più e ancora di più per chi resta (Brando senza il babbo, Rosangela senza lo sposo, Guido senza un figlio, Andrea senza il fratello, tanti amici senza l’indimenticabile sorriso di Riky), ricordare con spirito nuovo, continuare a cercare verità e giustizia senza violenza ulteriore, senza perdere fiducia nell’umanità che in Riky brillava più delle stelle.
Un ritrovo per tenerci la mano, affogare in un abbraccio, in mille abbracci, il dolore e la rabbia, accendere luci di candele, fiaccole, sorrisi contro il buio della sera che calava un anno dopo la fine assurda di un giovane uomo disarmato e disarmante.
Ieri a Firenze sembrava primavera.
In autobus, all’andata, un attacco di panico vinto solo pensando a dove andavo e perché… incontri strani (e pure buffi) lungo le rive dell’Arno, a passi svelti per paura di fare tardi, quasi di corsa contro l’ansia che montava… e una sosta sul ponte Santa Trinita per godermi la Luna e il Ponte Vecchio.
Appena arrivata in piazza Santo Spirito, appena visti i Magheri…mi sono sentita a casa, tra fratelli e sorelle. E l’abbraccio di Guido Magherini, ancora una volta, mi ha confortata e stupita (un babbo straziato da una simile perdita che regala forza e affetto con tanta spontaneità… la mela non era caduta lontana dall’albero), come il sorriso e l’abbraccio di Andrea, poco dopo, entrando in chiesa per la funzione.
Prima della messa abbiamo steso uno striscione che il vento faceva volare via… nastro adesivo e mani a tenerlo lì con noi. Lo striscione. E il ricordo di Riky. Mi hanno persino immortalata con il mio cappello rosso e un’amica rasserenante (Anna Maria, siamo finite nella galleria di Repubblica on line).
Dopo la messa, una fiaccolata e tanti ricordi…
Ieri a Firenze, per Riky, c’era anche Giancarlo Antognoni, l’UNICO DIECI.
C’era la Curva Fiesole, il cuore del tifo viola.
Ieri a Firenze c’era Ilaria Cucchi, splendore di donna, sorella privata crudelmente del fratello, sempre vicina a chi subisce perdite così ingiuste. La sua carezza a Guido Magherini dice tutto.
C’era e c’è sempre il coraggio di Andrea.
Ieri a Firenze nessuno poteva dimenticare l’anniversario della morte di Riccardo Magherini, in tanti, davvero in tanti in piazza Santo Spirito per abbracciare Guido e Andrea, salutare gli amici di sempre e nuovi amici incontrati in questo lungo intenso anno senza Riky. E poi tornare a casa, soffocando lacrime lungo il percorso di quella notte…
Ieri a Firenze sembrava già primavera. Oggi tornato a piovere un mondo freddo e grigio. Con tristi scontri e caos…
Una notte di marzo, in Borgo San Frediano, un giovane fiorentino è morto. Era spaventato, confuso, disarmato, chiedeva aiuto… sono arrivati i carabinieri, accolti con sollievo da chi aveva il nonno carabiniere e temeva per la vita e chiedeva aiuto. Si è buttato in ginocchio alzando le braccia e… l’hanno tenuto schiacciato a terra per diversi lunghi interminabili minuti. Poco dopo è morto. Era in preda a una crisi di panico, dicono sia morto per asfissia, chiedeva aiuto, ricordava che aveva un bimbo piccino… AIUTO! HO UN FIGLIOLO…
Era la notte tra il 2 e il 3 marzo 2014.
Riccardo Magherini, ex calciatore delle giovanili viola, figlio di Guido, fratello di Andrea, babbo di Brando, amico di tanti, avrebbe compiuto quarant’anni il 17 giugno dell’anno in cui è stato ucciso.
E in questo anno lo hanno ricordato in tanti. Gli volevano bene in tanti, davvero, perché era un ragazzo speciale, estroso, fragile, certo non un violento. E la sua morte è stata un insulto alla ragione e al cuore.
La notte tra il 2 e il 3 marzo, Riccardo, immobilizzato a terra gridava “Aiuto! Non mi ammazzate… ho un figliolo piccino”. Sul suo corpo escoriazioni e lividi su gambe, braccia, volto, schiena denunciano la violenza testimoniata da più parti. Violenza subita da chi avrebbe dovuto aiutarlo.
A un certo punto venne chiamata anche l’ambulanza invocata da chi non c’è più e chiamata in ritardo da chi forse non pagherà… senza fretta, “freddo non ne prende, con due carabinieri sopra”.
Ci sono video, registrazioni di telefonate, testimoni intimiditi… due testimonianze in particolare sono state raccolte in modo inquietante:
“… circostanze molto gravi. Una è la ragazza che per prima, parlando con un cronista di “Repubblica”, ha raccontato di calci sferrati su Riccardo mentre era a terra ammanettato. Racconta di essere stata convocata al palazzo di giustizia alle ore 9,30 dell’8 marzo con una comunicazione alle ore 22 del 7 marzo. Spiega che il suo interrogatorio è durato dalle 9,30 alle 15. Dichiara: “Prima che iniziassi a rispondere alle domande, uno dei carabinieri ha definito il mio atteggiamento “immorale” poiché non mi ero rivolta immediatamente di mia spontanea volontà nei loro uffici e “avevo preferito lasciare interviste a sconosciuti”(cioè un giornalista – ndr)”. La ragazza racconta di essersi messa a piangere e di aver spiegato che l’atteggiamento del carabiniere la metteva in soggezione, che aveva ricevuto la convocazione con pochissimo preavviso e che quel giorno stesso sarebbe dovuta partire per Roma. “A questo punto – racconta – lo stesso carabiniere mi ha detto con un tono arrogante e minaccioso che ovunque mi fossi trovata lui stesso sarebbe venuto a cercarmi”. Aggiunge che durante tutto il corso della sua deposizione “il carabiniere e il poliziotto presenti mi hanno fatto specificare che mi trovavo a mio agio e mi hanno ripetuto frequentemente di ricordarmi del reato di falsa testimonianza”.
Sconcertante anche il racconto dell’altra testimone. Lei conosceva di vista Riccardo Magherini e per un attimo se lo era visto salire sulla sua auto mentre percorreva Borgo San Frediano e Riccardo era fuori di sé, convinto che qualcuno volesse ucciderlo. Poi, dopo aver assistito al fermo, era tornata a casa. Riferisce che alle 5,15 fu svegliata dalla telefonata di un maresciallo dei carabinieri che la convocò seduta stante in caserma in Borgognissanti, spiegandole che era urgente perché c’erano delle vetrine infrante, un furto (di un telefonino) e c’era bisogno della sua testimonianza in vista del processo per direttissima. In realtà Riccardo Magherini era stato dichiarato morto al pronto soccorso di Santa Maria Nuova alle 3 del mattino, quindi non poteva esservi alcun processo per direttissima. Ma la testimone, giunta verso le 6 in Borgognissanti, riferisce che, alla sua richiesta di informazioni sullo stato di salute di Riccardo Magherini, il maresciallo rispose in maniera evasiva. “Come sta questo ragazzo? E’ in ospedale?” Risposta: “Eh sì”. “Ma gli faranno un Tso (trattamento sanitario obbligatorio)?” Risposta: “Mi sa che glielo hanno già fatto”. Riccardo era già morto da ore e alla teste, invece, fu fatto credere che doveva deporre in un processo per direttissima. E quando riferì che il fermo era avvenuto senza violenza ma di aver visto dei calci mentre l’arrestato era a terra, si accorse che il maresciallo non premeva più sui tasti del computer. Protestò. Risposta del maresciallo: “Non so, la deposizione è la sua, signorina, lo vuol scrivere?”.
Ci sono testimoni, video, tentativi di alterare le indagini e ci sono un fratello, un padre, tanti amici che non stanno zitti. A maggio, “gli amici del Maghero” hanno organizzato un flash mob impressionante.
e commovente. Ché se non vengono le lacrime agli occhi a vedere Brando, due anni, con quella maglietta… (molti avevano indossato una maglietta con la scritta “Riki è…” “mio fratello”, “mio amico”, “mio cugino”…)
Mi rifiuto di pubblicare qui le foto del suo cadavere, ma un’occhiata basta a capire che non è morto per l’attacco di panico. Qui lo ricordavo così, col suo sorriso strappato troppo presto a chi lo amava.
Stanotte, un anno dalla morte di un giovane amato da tanti, strappato a chi amava. Diladdarno una notte è stato morto un fiore
Martedì 3 marzo 2015
ritrovo ore 17.30 in piazza S. Spirito ore 18.00 Messa nella chiesa di S. Spirito
a seguire fiaccolata in piazza S. Spirito
Ulteriore udienza preliminare. Dopo il rinvio di gennaio. Schieramento di forze dell’ordine degno di altri eventi, ma nessuno si è fatto intimidire, dal momento che siamo con la coscienza a posto.
Ore di attesa, emozioni,
incontri (senza parole e senza foto per gli abbracci di Guido Magherini e di Ilaria Cucchi, che avevano ogni emozione a fior di pelle, sempre gentili e sorridenti con il dolore straziante in fondo al cuore),
parole bisbigliate, sussurri diventati voci troppo forti – e si chiede scusa, d’altra parte se non si può entrare in aula,
tante persone che aspettano verità e giustizia un pochino si fanno sentire – amici ritrovati,
Non c’è vittoria, perché nessuno farà tornare in vita Riky, niente ridarà a Brando il suo babbo, nessuno potrà ridare un fratello stupendo al caro Andrea, un figlio amatissimo a Guido, un amico prezioso a tutti noi. Ieri babbo Guido era provato, già nel corso dell’udienza tensione (erano presenti tre degli indagati ora imputati), alla fine le lacrime, senza smettere di invitare alla calma e alla non violenza, per Riky, che fino alla fine mai è stato violento.
Non c’è vittoria, ma ci sarà un processo e questo è un primo passo importante.
andare a portare sostegno e ricevere calore, affetto, sorrisi, abbracci…
Stamani, dentro il Tribunale di Firenze, fuori dall’aula per l’udienza preliminare, eravamo in tanti.
Dentro l’aula si sentono soli i familiari di Riccardo, come ha dichiarato l’avvocato Fabio Anselmo, come soli si sentono i parenti di altri morti tra le mani di chi dovrebbe difendere gli inermi e proteggere i cittadini.
Fuori dall’aula 12 del nuovo Palagiustizia c’erano tanti amici del Maghero, c’era anche Ilaria Cucchi, sorella splendida… niente le ridarà suo fratello Stefano, ma lei continua a cercare giustizia e verità e a dare la sua presenza come una luce per chi vive un’altra storia sbagliata.
Esserci per stare accanto alla vedova di Riky, una splendida donna segnata dal lutto (e non ne metterò foto, infatti, perché rispetto chi non si mostra, mentre voglio dare spazio a chi cerca ascolto), accanto al babbo, il grande Guido, accanto al fratello, il caro Andrea, sempre gentile e coraggioso, educato e instancabile,
accanto alle amiche e agli amici tremanti di lacrime trattenute, rabbia trattenuta, amore invincibile.
Esserci per non starci. No, non ci stiamo a vedere ancora una volta il processo alla vittima. Non ci stiamo a sentir dire che in fondo è colpa di chi muore
Giornata di sgomento, dolore, smarrimento. Ma non ci si arrende alla paura o al disgusto per la violenza di chi disprezza la vita. Finché si vive, viviamo. A testa alta e senza farci intimidire. A cuore vivo, anche con i nervi a fior di pelle e le lacrime in tasca, con il sorriso di Riky come stella cometa.
Vigilia dell’ udienza preliminare per accertare le cause e le responsabilità nella morte di Riccardo Magherini. Ci sarà un Giudice. Ci sarà anche un giudice, si spera. Non ci faranno entrare, domattina sarà un’udienza senza pubblico, in camera di consiglio, ma noi, gli amici del Maghero, saremo davanti al Tribunale di Firenze per abbracciare Guido e Andrea, per far battere ancora nel petto di ciascuno di noi il cuore di Riky.
a che servono? Solo a fare multe? Di chi sono amiche le telecamere piazzate in tutta Firenze se non possono essere usate per sapere qualcosa di più sulla morte di un giovane uomo in Borgo San Frediano?
Un respiro in piazza della Signoria, prima di entrare in Palazzo Vecchio non per sposarmi né per turismo nella mia città.
Oggi è arrivata anche in consiglio comunale la domanda che ci siamo fatti in tanti (non tutti, evidemente). Visto che ci sono telecamere ovunque in centro, non è che almeno una …?
Cancellato tutto?
con Andrea Magherini, Sacha, Chiara…
Riprese anche di spalle alle spalle di Andrea, con Chiara ci siamo ritrovate ancora una volta per quel minimo sostegno che una presenza amica può dare a chi ha perso un fratello in un modo tanto assurdo. Guido non c’era, il grande babbo del Maghero doveva oggi superare un’altra prova, ma la sua richiesta di verità non cammina mai da sola
Sabato sera solo la Bromelia fiorita sul tavolo sapeva quel che non si dice a voce alta. Ero stata anche a far gli auguri a nonna Gabriella…
Stamattina era sbocciato un altro fiore e già si vede la gemma del terzo… ogni giorno un fiore viola. Tanta bellezza chiede solo un po’ d’acqua, una volta alla settimana, un po’ d’acqua e un riparo dal freddo. Ama che le si parli, si nutre di respiri e lacrime.
Sabato mattina c’era un bel sole a scaldare l’aria e le braccia dopo il freddo del risveglio. Settembre davvero, finalmente, con la sera fresca e i brividi all’alba, con la luce limpida e il tepore nel giorno, persino caldo ancora estivo nelle ore centrali della giornata. Sabato mattina, al cimitero di Soffiano, c’erano tanti amici a respirare affetto gli uni per gli altri e tutti insieme per chi non smetterà di piangere Riky eppure regala sorrisi ancora.
L’abbraccio del babbo di Riccardo Magherini non si può descrivere. Babbo Guido… un esempio di tenera dignità e amore che non si arrende, non urla offese, ma saluta e sorride, abbraccia e conforta – lui, il babbo cui hanno strappato un figlio, conforta amici vecchi e nuovi – cammina e tiene la mano. Sabato mattina a Soffiano indossavo la maglietta verde con il cuore rosso di I LOVE RIKI che mi ha prestato Chiara, amica ritrovata dopo tanti anni…
oggi Chiara era a CORRI LA VITA con quella stessa maglietta e per me ne ha presa un’altra, arancione… indosseremo insieme quella richiesta colorata di “Verità e giustizia” per il Maghero, ogni volta che sarà importante far sentire a Guido, Andrea e tutti i Magherini che non sono soli, non saranno mai soli.
Riccardo è volato via troppo presto, il suo corpo è stato sequestrato troppo a lungo, ma forse un senso da qualche parte c’è o ci sarà e in parte si vede in quel che è cresciuto in questi mesi. Grazie, angelo sorridente, hai lasciato un oceano di amore. Ora gioca a pallone con gli angeli e fai le capriole sulle nuvole