Sabato scorso…

È già passata una settimana dall’esperienza bella di sabato 13 maggio, dalla mattina alla sera con Roberta ad Assisi. I giorni sono volati nei fumi della febbre e tra le lacrime del cielo. Il giorno dopo il piccolo pellegrinaggio mi ero regalata un po’ di tempo seduta a sistemare foto e ricordi al computer … tre post in un giorno su questo blog che pochi leggono e che a volte trascuro per settimane, ma che ogni tanto mi serve come un cesto di mollette, come gli acchiappini per i panni, mentre questi post sono acchiappini per la memoria… scorre tutto troppo in fretta se non mi fermo a gustare quel che vivo. Ho bisogno di raccontare e condividere, fermare le immagini…è un’illusione, lo so, ma da questi frammenti tra un po’ mi si riaprirà un ricordo, forse. Ricordi belli per il futuro prossimo. Se solo non mi mangiassi il tempo! Forse sentivo che stava arrivando la febbre, ma troppa fretta anche qui, domenica scorsa! Allora provo a ripercorrere piano piano quel che mi ha fatta crescere nell’amore e nella fiducia. A cominciare dall’emozione di prendere il treno dopo quasi un anno e per la prima volta da tanti anni di nuovo da sola (Roberta veniva da Roma, io partivo da Firenze).

La stazione ha sempre il suo fascino per me.


Stanca e un po’ smarrita, tra la comitiva vociante di anziani gitanti e le scene di varia umanità di un treno regionale, veloce, ma con tutte le fermate.

Scesa la comitiva di mezza età e voci alte, troppo alte, sono saliti ragazzi gentili e coppie di amiche. Accanto a me, dopo Cortona, si sono seduti un distinto signore giapponese e un giovane napoletano non tifoso (l’unico partenopeo che abbia incontrato non al settimo cielo per lo scudetto!). Conversazioni piacevoli, abbandonata ormai l’idea di leggere…

Ogni fermata un ricordo del babbo. Montevarchi dove insegnava all’inizio (i primi anni girava parecchio, Borgo San Lorenzo, Colle Val d’Elsa…), occhi lustri, confortati dalle belle macchie rosse dei papaveri leggeri come carezze, come le carezze che stasera mando dal cuore alla mia amica Roberta, alla sua vita in salita, stasera messa alla prova una volta di più.

Anche la stazione d’arrivo mi ha incantata,

con Santa Maria degli Angeli a vista dal binario,

gli arredi e le scritte retrò,

il pavimento perfino mi affascinava…

e la Basilica di San Francesco a vista dall’uscita opposta al binario

(Assisi, sabato 13 maggio 2023,
continua, segue… ho perso il filo)

in cielo e in cuore

insomma, dove non so, ma voglio sperare di sapere con Chi. E dove ancora scotta la tua assenza. Dove il tempo si compie e in una delle stanze più belle del mio cuore, lavata spesso a lacrime e baci…

(uno degli ultimi momenti felici, con la mia bimba davanti, sorridevi alla tua nipotina…)

Una torta di compleanno oggi sarebbe fuori luogo, penso, ma nei giorni al mare ho visto le more!

C’erano le more, lungo la ferrovia, ancora quasi tutte rosse a metà mese…

Ti sarebbe piaciuta la pineta di Castiglioncello, le nuotate in mare le ho dedicate alla nonna Gabriella, ma ho ritrovato una foto di me piccola al mare in braccio a te

Benedico il giorno della tua nascita, anche se da tre anni non si festeggia più, qui in terra, il tuo compleanno. Sei nato per vivere per sempre, si muore una volta sola per poi non morire più… voglio crederci davvero.

Guardavo il mare mosso e non pensavo a niente. “Facile pensare a qualcosa, non pensare è per pochi eletti…” ma quanto mi divertivo a farmi prendere in giro da te? Si discuteva, tanto, si rideva moltissimo, abbiamo pianto insieme e riso, riso tanto. Ora ricordo anche le risate e i sorrisi, sfumano gli anni della malattia e le crisi brutte… tornano i ricordi felici, lontani nel tempo piccino, vicini nel tempo del cuore.

E mi scrivono di te, ancora, tuoi studenti di un tempo ora genitori, artisti, ingegneri, medici… e mi mandano tue foto di quando eri il Prof al liceo, il Grassi, Lodovico “uno di noi”…

Auguri, babbo, ti amo da sempre e per sempre

Comete come te

Luce e colori. Parole e cuore. Spazio aperto. Cielo.

Non un libro, non una rivista.. un po’ libro, un po’ rivista, una sola uscita, per ora, su richiesta, già esaurita. Un po’, molto anzi, un abbraccio con l’anima, in questo tempo sospeso di abbracci con le braccia ancora parecchio limitati quando non vietati. Comete di Alessandro Dehò ha inciso un solco di luce nella mia incapacità di portare in fondo una qualsiasi lettura da… da quando anche il tempo intorno si è sbriciolato, se mai era stato integro. La mia copia cartacea di Comete è arrivata a casa mentre stava per cominciare la bella esperienza della Summerlife per Viola tra i bimbi e per me in altro senso… solo oggi ho girato l’ultima pagina. Quasi un mese per poco più di trenta pagine? Ogni pagina avrebbe richiesto settimane di riflessioni e pagine di diario personale, per quel che riaccendeva! E poi, anzi, prima, l’invito all’ascolto. Ascoltare ancora il Requiem di Mozart dopo non molto tempo (babbo amava moltissimo Mozart… ama, lo ama, si saranno incontrati nella sinfonia infinita? A divertirsi insieme con gli angeli, chiuse le lodi con Bach…), stavolta nella versione diretta da James Gaffigan con l’Orchestre national de France, è stato come aprire la diga a una piena di lacrime che premeva da mesi.

E poi la scoperta di un Requiem diverso, inatteso, disturbante quasi all’inizio, meraviglioso e liberante “Stringeranno nei pugni una cometa” di Silvia Colasanti

davanti al Duomo di Spoleto

con le parole di Mariangela Gualtieri contrappunto Dubitante al coro di chi non dubita che continua a pronunciare il testo latino antico e mai vecchio…

Dubitante con te chiedo perdono per tutte le volte che “non ho guardato con la dovuta attenzione tutte le meraviglie del quotidiano, per quando ho riso troppo poco…”

Ho pianto di nuovo al Secondo tempo. Come specchiarmi, a volte. Comete non consola, ma tiene la mano, la bagna di lacrime sue, sa stare accanto.

Don Alessandro ritrova tra le sue e nostre macerie frammenti di stelle, lacrime per lutti non ancora vissuti, preghiere scritte in tempi lontani e ipotesi di preghiera che valgono tutto il catechismo che non ascoltai fuggita via e tornata dopo un incontro con un’altra cometa

“Fu solo allora che capii che il miracolo non era aprire gli occhi, ma tenerli aperti. Tenere aperto uno spazio. Capivo che il miracolo non era un premio, ma una responsabilità. (…) Quella guarigione che consideravo definitiva in realtà era un inizio”

E in fondo pagine bianche, anzi, due riquadri “Per le tue parole” e la gioia di prendere un lapis per appunti in corsivo, a mano… con in testa ancora le pietre in mano al coro del Secondo tempo.

GRAZIE

Addio babbo, aspettami …altrove

ieri sera studiavi, leggevi, sembravi davvero guarito… oggi è stato così angosciante vederti peggiorare di minuto in minuto, sentire la fatica del tuo respiro, vederti le labbra blu … eppure mi sento di ringraziare per il privilegio di aver tenuto la tua mano fino alla fine di questo passaggio. Siamo di passaggio tutti. Vai avanti tu, come prima di me hai imparato a leggere, baciare, fumare, smettere di fumare, nominare le stelle per lo stupore di una figlia, chiedere aiuto, dare conforto, ridere, piangere, pregare, sognare, dare la vita…

Grazie per le tue ultime parole di amore puro.

Buon viaggio, babbo Lodovico, porta un po’ del mio cuore in cielo

Viola a casa

Ultima sigaretta all’alba di nascosto dai guardiani… mercoledì 7 giugno.

Ultimi saluti a nuvole e olivi dal parcheggio esterno del Meyer…

Medaglia del coraggio da Riky per la piccola forza della natura che ha smentito chi sosteneva fosse necessario il sondino per nutrirla… 

Ultimo pranzo a bischero in attesa della dimissione (e primo latte nella tazza nuova dei Super Pigiamini per la paziente in uscita).

E Viola è a casa da mercoledì pomeriggio.
L’ultima volta che ho scritto “E Viola è a casa” con lo stesso pieno di emozioni è stato quando ci hanno lasciate tornare dal reparto Maternità. Primo ricovero in quattro anni di vita. Non posso dire che sarà l’ultimo, ma voglio sperare sia stato l’ultimo per tanto tanto tempo. In ospedale non si sta bene. Ci si va quando è necessario, ci si resta SOLO finché strettamente necessario. La vita è fuori.
Grazie alla principessa Elsa che continua a far arrivare gelato magico …

 8 giugno 2017 gelato a casa

… dal ditino curioso alla paletta golosa…

8 giugno 2017 gelato con la paletta

“Posso venire a farmi truccare da principessa da te?” E me lo chiedi, amore mio?

in negozio con mamma e a casa dei nonni …

Oggi non si sentiva di uscire, la classe era in gita, la baby-sitter impegnata altrove, mamma a lavoro… l’ho lasciata dai miei e a metà mattina mia madre mi ha fatta piangere di gioia: nipotina e nonno allo stesso tavolo, la mia bimba e il mio babbo venuti fuori entrambi da ricoveri lunghi e con incerte diagnosi… Viola e Lodovico, le mie ragioni del cuore, oltre all’amore per il babbo di Viola che, però, è altro.  


Tante coccole… abbiamo da recuperare più di una domenica insieme, piccolina.

Ma lunedì si torna all’asilo!

 

Venerdì Santo

… uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia;
era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.
Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze,
si è addossato i nostri dolori;
e noi lo giudicavamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per le nostre colpe,
schiacciato per le nostre iniquità.
Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui;
per le sue piaghe noi siamo stati guariti…

( dal libro del profeta Isaìa, Quarto canto del Servo del Signore)

…Gesù può, a volte, farci conoscere le sofferenze della sua agonia per farci capire che dobbiamo accettarle, non fuggirle. Egli ci chiede di avere il coraggio di rimanere con lui: finché non avremo questo coraggio, non potremo trovare la pace del suo amore.
L’ultima tentazione di Cristo, come dice Paolo Curtaz, fuggire l’agonia sulla croce.
Ma non fuggì. 

“Era giunta l’ora delle tenebre. Gesù stesso lo afferma mentre gli aguzzini gli mettono le mani addosso: non perché essi siano stati capaci di braccarlo e di arrestarlo lui ora è nelle loro mani, ma semplicemente perché è giunta l’ora delle tenebre, quella che coincide con il tempo opportuno della salvezza: l’ora nella quale le tenebre hanno un momentaneo sopravvento perché Dio, attraverso di esse, possa manifestare la sua gloria e realizzare la sua opera di salvezza.
Dio sceglie una modalità insolita per manifestare se stesso all’uomo, e questa si allontana di gran lunga dalle aspettative tipicamente umane di grandezza, di potere o di coercizione. Dio non si rivela infatti nei segni grandiosi o negli eventi roboanti e altisonanti, ma lasciandoci flagellare e uccidere sulla croce! Manifesta quindi la sua onnipotenza divina in ciò che gli uomini definiscono assurdo, insensato e irrazionale: farsi uccidere. E per di più, Dio sceglie per sé la morte violenta, lui che è fonte di vita e di benedizione, lasciando che altri lo disprezzino e che la legge lo definisca “maledetto”. Infatti, secondo la legge giudaica è “maledetto chiunque pende dal legno”(Dt 21, 23).
Si direbbe che Dio nella croce si mostri debole, impassibile e sottomesso, nonché vigliacco e incapace di reazione e di difesa; se consideriamo la concezione nostrana di amore e di giustizia allora Dio non è più un Dio, me semplicemente un essere disonorato e inattendibile. Eppure è proprio questa la prerogativa esaltante del Dio cristiano: non concepire la mentalità tipica dell’uomo e prendere da essa le distanze, ragion per cui sceglie come sinonimo di potenza e di elevatezza quanto noi interpretiamo come illogico e assurdo.
In Cristo, Dio si è fatto maledizione, perché noi ricevessimo la somma benedizione. Per questo motivo quello di oggi è il Venerdì della rivelazione, ma anche della pazzia e dell’insensatezza, perché il Salvatore si rivela nell’assurdo umanamente inteso.
Se Gesù fosse sceso dalla croce avrebbe certamente mostrato di essere Dio con argomenti indiscutibili, ma questo non avrebbe stupito nessuno poiché in tutte le culture religiose Dio è capace di tutto, anche di sbaragliare i propri avversari. Rendere lo spirito sulla croce, invece,  nell’abbandono dopo la lunga agonia, ci stupisce ancora oggi di come Dio sia onnipotente in quanto il suo amore può davvero tutto per noi e di come noi da questo amore possiamo essere sedotti e affascinati ” (appunti dal sito liturgia.it)

Ascoltavo le meditazioni della Via Crucis al Colosseo, mentre un sollievo di lacrime a invadere gli occhi e dagli occhi cadere

stasera babbo è casa, finalmente, dopo due settimane in terapia intensiva coronarica. Una botta grossa grossa, tanta paura, tanto dolore, tanta stanchezza… ma è tornato e non so dire la tenerezza di Viola che lo guardava incredula, la gioia tremante di mia figlia e di mio padre vicini dopo tanti giorni e tante notti in cui neanche poteva sentir nominare il nonno… 

E mi appunto qualche parola per il sabato del silenzio. Stasera è caos di amore, cuore straboccante di gratitudine e fatica, sollievo e timore, sperdimento e speranza. Tutto insieme, impasto di ferite e gioia, urlo senza voce.

“… la buona novella del Vangelo: non c’è caduta che possa sottrarci alla tua misericordia; non c’è perdita, non c’è abisso tanto profondo che tu non possa ritrovare chi si è smarrito”

“Era necessario che la dolcezza di Dio visitasse il nostro inferno, era l’unico modo per liberarci dal male.
Era necessario che Gesù Cristo portasse l’infinita tenerezza di Dio nel cuore del peccato del mondo.
Era necessario questo, perché, posta dinanzi alla vita di Dio, la morte indietreggiasse e cadesse, come un nemico che ha trovato uno più forte di lui e si dilegua nel nulla”

 

GRAZIE

 

Aprile è il più crudele dei mesi…

Un libro che volevo prendere per Viola, verso la fine di marzo è arrivato in dono a me da chi mi ha messa al mondo, qualche giorno prima che il centro del mio mondo vacillasse …

Sono giorni di pena e nottate di angoscia, senza notizie, con slanci di ottimismo e puntate di disperazione, alternando preghiere e pugni nel muro,

moccoli e rosari, visite e piccole evasioni.
La tenerezza di Viola che non vuole sentire parlare del nonno, perché sa, capisce, sente tutto e si difende e non mi lascia più portare Wiz in negozio, ma lo vuole a casa, se no se ne vanno tutti e invece “voglio dormire con tutta la mia famiglia”…

E tra lavoro e ospedale cerco pace sempre dove posso, quando posso…


Sono state giornate di lavoro come distrazione e gesti generosi.
Ringrazio don Fulvio per essersi fatto rapire una sera a dare conforto al mio babbo ancora in Terapia Intensiva Coronarica, quando si temeva il peggio dopo un primo illusorio recupero e prima di un altro miglioramento per ora meno fugace… e poi a cena con noi, a dividere pane, zuppa di farro e lenticchie, pollo alla curcuma, cioccolato fondente, peperoncino e foto rubate senza autorizzazione.

Chi di scatto condiviso ferisce, di scatto rubato gioisce…

Sono state mattine di scaramanzie infantili, come quando (nel giorno del peggioramento critico, per cui sembrava vicino l’addio temuto da quando ero ragazzina e mi dicevo che il giorno in cui sarebbe morto mio padre, padrone del mio cuore, mi sarei lasciata morire anch’io) gli ho comprato un sigaro che forse non potrà mai più fumare, anche quando (se) tornerà a casa, ma … un tiro o due per festeggiare ci starà (ci starebbe, dovrebbe starci).

E poi c’è stata una sera di pura bellezza, un regalo a far sabato il sabato. La gioia della musica e il dolore della Madre sotto la Croce

Sì, mi ero già sentita da sola lo “Stabat Mater” di Boccherini, ma sabato sera, a pochi metri dal soprano (bellissima e con voce d’angelo) e dagli archi….mi sono ricordata con tutti i sensi accesi la differenza tra un concerto dal vivo e l’ascolto di una registrazione, come tra mangiare e stare a guardare. E sono rimasta un po’ fuori dalla chiesa di San Jacopo in Polverosa a farmi risuonare dentro parole e note

e a salutare e ringraziare gli interpreti di tanta meraviglia.

E poi c’è lei, Sorella Luna…che a volte ancora chiamo “mamma”.

Mentre il mondo sembra sempre più sprofondare nell’odio e nella violenza delle guerre… desiderio di PACE

… babbo, non mi lasciare

Lodovico Grassi

Mi hai tirato soltanto uno schiaffo e me lo ricordo ancora…

Ti amo da quando sono nata, babbo Lodovico, solo tra le tue braccia mi sentivo sempre al sicuro, mi cullavi con Mozart e Beethoven, con Bach e Battiato, con i Beatles e Rino Gaetano… mi hai trasmesso la passione per la musica e per il peperoncino piccante, il vizio del fumo e quello della lettura,

ti ho rubato più di un libro, te ne ho sciupati diversi prima ancora di cominciare a camminare, ti ho sfracassato le palle con le mie domande facili facili, tipo, quando avevo meno anni che le dita delle mani, “Ma esistiamo davvero? O è tutto un teatro per un pubblico che non possiamo immaginare o ancora un sogno di un solo essere esistente…” e “perché muoiono i bambini?” e poi, crescendo – in età e non in saggezza o delicatezza – discutendo di politica e religione con un furore che pochi, sentendoci litigare tanto forte, sapevano leggere come amore smisurato, senza freni di educazione e rispetto delle formalità.

Mi hai fatta ballare e piangere, ridere e studiare… ti ricordi quando tra noi si parlava in latino, o all’occorrenza in greco, per non farci capire dagli altri? E se il francese resta la mia lingua del cuore è sempre colpa (o merito) del tuo amor per Parigi.
Ah, ti ho perdonato l’imposizione del classico quando volevo fare l’istituto d’arte e tu tornasti a casa col Rocci. In fondo, studiare latino e greco mi è servito. Ma a Viola non imporrò scelte diverse dalle passioni che spero si senta libera di manifestare.
Tu, spero, mi perdonerai i dispiaceri e gli spaventi che ti ho procurato, quando mi sono ridotta pelle e ossa, quando ti ho detto della prima canna e dell’ultimo amore sbagliato che poi non era mai l’ultimo, quando ho tentato di andare a vedere prima del tempo quel che forse c’è “di là” e mi avete riacciuffata per i capelli… 


Mi hai spiata leggendomi il diario quando ero adolescente e ti sei arrabbiato per quel che ci hai scoperto. Ero più arrabbiata di te, per quella violazione dei miei segreti. Se ci ripenso, sono ancora un po’ arrabbiata, anche se, ora che sono mamma, non oso promettere che non farò anch’io una simile orribile azione…
Mi hai tirato soltanto uno schiaffo in tutta la mia vita e me lo ricordo ancora, quando litigavo con Pietro per un giocattolo… “Mio e tuo sono le sole parolacce che non voglio sentire in questa casa! Siete fratelli, dovete condividere stanza e balocchi. Non si litiga per stupidi oggetti”

Sei diventato un tenero nonno per la mia piccolina, come sei stato un padre dolcissimo e furibondo, esplosivo e amoroso, ingombrante a volte, indispensabile sempre, ancora.

Non eri certo contento del mio essermi allontanata dalla chiesa, ma mi hai sempre rispettata. E, in questo, lasciata libera.
E quando mi sono riavvicinata… so che sei stato felice per il battesimo pur tardivo di Viola,

anche se non eri più nei tuoi cenci… sempre più debole e malconcio.

E quando, dopo 12 anni di matrimonio civile, mi sono sposata anche in chiesa con Sandro,

ti ho visto sorridere come quasi mai negli ultimi tempi, a parte nei momenti di gioco con la tua nipotina.

Ora ho paura.
E non so trattenere le lacrime e il tremito.
Sono stata abbastanza forte nei primi giorni, dopo lo shock del tuo infarto, la corsa al Pronto Soccorso, le prime – decisive, dicevano – 48 ore in Terapia Intensiva… sabato ti avevo visto meglio, domenica affaticato, ma liberato dal macchinario che lavorava al posto del tuo cuore e dei tuoi polmoni… ieri e oggi… peggio, stai peggio tu, sto crollando anch’io. L’adrenalina non basta a farti riprendere, ti hanno riattaccato la macchina per la respirazione forzata, quel debole segnale non incoraggia a esser fiduciosi, la luce che avevo visto nei tuoi occhi sabato, ora dov’è finita? Non posso fare più altro per te se non pregare e aspettare, cercar di lavorare, prendermi cura di Viola, pregare, sperare, tornarti a trovare… ti voglio tener la mano finché posso.

Non mi lasciare

80 voglia di vita

“Il tempo presente e il tempo passato
sono forse presenti entrambi nel tempo futuro.
E il tempo futuro
è contenuto nel tempo passato”
T.S. Eliot (Quattro quartetti)

25 agosto 2016 per Lodo
Senza le radici non ci sarebbero le fronde che danno ombra e riparo a chi sta a terra, senza il seme dischiuso nella terra non ci sarebbero le foglie verso il cielo. Sei la mia vita prima che nascessi, i rami da cui volare e cui tornare libera.
Ti voglio bene, babbo, ho tanta voglia di vederti stare bene ancora e che tu possa veder crescere la tua nipotina.

25 agosto 2016 Viola aiuta nonno Lodo

Mentre la devastazione e il lutto non frenano sciacalli e idioti… scelgo di celebrare la vita e chi porta soccorso

i soccorsi

(nella notte della scossa forte, sentita anche a Firenze, Viola si è svegliata e ha chiesto di venire nel lettone tra me e il babbo… stamani colorava gli auguri per il nonno e la sua vivacità affettuosa e la presenza di un amico speciale colpito da un lutto personale ci hanno dato forza per apprezzare la vita che c’è e in un attimo può essere spazzata via… in questi casi o si piange o si corre a dare una mano o si ringrazia per la vita presente o… si levano i “se”)

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c’ero una volta

Tra le braccia del babbo

… primo assalto alla libreria del babbo, curiosa sempre

e quindi rinchiusa in gabbia

quando sorridevo senza pensieri.

Con il fratellino sulla nave, golosa di vento

e con le prime perplessità, forse

…però il ricordo preferito degli anni senza quasi ricordi, una foto per anni attaccata in bacheca. Una bacheca vera, di sughero, appesa in cucina, non la bacheca virtuale delle foto digitali. Si vedono anche i buchi delle puntine:

 con Pietro, piccini, quando ero ancora più alta del fratellino
(ora babbo del mio nipotino)

E, tra i ricordi dei nostri anni da fratelli quasi gemelli, con la camera in comune, il poster di Mordillo per Amnesty.

C’è un filo che non si spezza, oltre ogni nodo e groviglio… tra noi e tra quel che si sognava allora e quel che crediamo ancora.
Non si ferma il vento, nessuno è padrone della nuvole