“La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per omicidio colposo emessa in primo e secondo grado nei confronti di quattro agenti di polizia per l’omicidio di Federico Aldrovandi, morto nel 2005 a Ferrara durante un fermo. Si chiude così un lungo e tormentato percorso di ricerca della verità e della giustizia. Rinnoviamo la nostra solidarietà e vicinanza ai familiari di Federico, che in questi anni hanno dovuto fronteggiare assenza di collaborazione da parte delle istituzioni italiane e depistaggi dell’inchiesta.”
Molto pacato il comunicato di Amnesty International Italia, riportato dai quotidiani on line. Mi associo all’ultima frase, rinnovo la vicinanza in particolare alla mamma di Federico, che oggi non poteva esser presente a Roma per la sentenza. Ma non riesco a chiudere un bel nulla. E un ragazzo appena maggiorenne (aveva solo 18 anni) è stato massacrato di botte con ferocia ( la registrazione della Centrale operativa riportava: … l’abbiamo bastonato di brutto. Adesso è svenuto, non so… È mezzo morto), fatto passare per un invasato violento in evidente stato di agitazione, non è “morto durante un fermo” per chissà quale motivo…
Leggo qui: “Gli agenti non finiranno in carcere, visto che la pena è quasi completamente coperta dall’indulto. Nei loro confronti verrà inflitta una sanzione disciplinare, non escluso il licenziamento. I quattro imputati fino ad oggi hanno continuato a prestare servizio nella polizia, anche se sono stati trasferiti da Ferrara”
Oltre al massacro, il depistaggio… e questa è la pena. Cioè niente (“non escluso il licenziamento” … mi sarebbe parso il minimo, subito, senza aspettare la sentenza definitiva. E non me ne vogliano i garantisti. Questi agenti non erano impiegati a una scrivania, ma responsabili della pubblica sicurezza! Sospenderli almeno andava fatto subito. O no?
A Manu che esce la sera raccomando sempre di non guidare ubriaco, non fare sesso senza preservativo e stare alla larga dai poliziotti.
Ma dovrei dirgli di scappare presto da questo paese (minuscola intenzionale).
O forse sbaglio anche qui, forse in ogni Stato il potere si traduce impunemente in abuso di potere…
A Manu che esce la sera raccomando sempre di non guidare ubriaco, non fare sesso senza preservativo e stare alla larga dai poliziotti.
Ma dovrei dirgli di scappare presto da questo paese (minuscola intenzionale).
O forse sbaglio anche qui, forse in ogni Stato il potere si traduce impunemente in abuso di potere…
Non cerco commenti, non ditemi niente, neanche volevo commentare… non si commentano le sentenze e lo Stato siamo noi e no, non mi riesce ingoiare tutto in silenzio.
Chi vuole può leggere qui una lettera di Patrizia Moretti Aldrovandi.
Era estate anche allora, luglio 2010 e già erano passati quasi cinque anni dal pestaggio che uccise suo figlio.
Federico venne pestato a morte il 25 settembre 2005.
Era estate anche allora, luglio 2010 e già erano passati quasi cinque anni dal pestaggio che uccise suo figlio.
Federico venne pestato a morte il 25 settembre 2005.
P.S. mi sembrava strano che Amnesty si esprimesse in maniera così blanda (come riportato all’inizio, fidandomi dei giornali…). Il resto del comunicato:
Secondo l’organizzazione per i diritti umani, “il procedimento giudiziario per l’omicidio di Federico Aldrovandi e la definitiva sentenza di condanna, chiamano in causa in modo grave ed evidente la responsabilità delle forze di polizia italiane circa l’uso della forza“.
Amnesty International Italia auspica che la sentenza odierna sproni le autorità italiane a dare attuazione alle raccomandazioni degli organismi internazionali per prevenire ulteriori tragiche violazioni dei diritti umani come l’omicidio di Federico Aldrovandi.
In un contesto caratterizzato dalla perdurante mancanza di un organismo indipendente di monitoraggio sui diritti umani e sull’operato delle forze di polizia, richiesto dagli standard internazionali e sollecitato da tempo da Amnesty International, questa sentenza deve interrogare le autorità italiane in merito alla formazione e al comportamento degli agenti di polizia e alla loro responsabilità circa la protezione delle persone.
Amnesty International Italia coglie l’occasione di questa sentenza per ricordare la stringente necessità di adeguare l’ordinamento interno alle norme e agli standard del diritto internazionale, in primo luogo attraverso l’introduzione del reato di tortura nel codice penale e l’adozione di meccanismi di prevenzione dei maltrattamenti.
Amnesty International Italia auspica che la sentenza odierna sproni le autorità italiane a dare attuazione alle raccomandazioni degli organismi internazionali per prevenire ulteriori tragiche violazioni dei diritti umani come l’omicidio di Federico Aldrovandi.
In un contesto caratterizzato dalla perdurante mancanza di un organismo indipendente di monitoraggio sui diritti umani e sull’operato delle forze di polizia, richiesto dagli standard internazionali e sollecitato da tempo da Amnesty International, questa sentenza deve interrogare le autorità italiane in merito alla formazione e al comportamento degli agenti di polizia e alla loro responsabilità circa la protezione delle persone.
Amnesty International Italia coglie l’occasione di questa sentenza per ricordare la stringente necessità di adeguare l’ordinamento interno alle norme e agli standard del diritto internazionale, in primo luogo attraverso l’introduzione del reato di tortura nel codice penale e l’adozione di meccanismi di prevenzione dei maltrattamenti.