sorsi di bellezza senza utilità,
lusso di tempo, il vero lusso è sempre il tempo, soprattutto il tempo per godere di quel che non ha prezzo,
colori, fiori, pendenze, vita che spacca la pietra, tenerezza che germoglia e spunta ovunque,
anche sotto un sole che abbaglia e fonde, confonde, fa svenire,
e sfoca in controluce immagini che un giorno saranno ricordi dolci, spero…
sarò il tuo passato, che ti dia fiducia nell’essere stata sempre voluta e amata, Viola cara, sei il mio presente, sarai il futuro del mio amore.
Guarda il cielo ogni volta che puoi, non è mai uguale, non è mai muto.
E un giorno forse tornerai da sola all’Indiano, “dove mamma faceva foto e prendeva boccate di libertà…”
soste su sedute non banali,
in pezzi di spazio quasi fuori dal tempo,
soprattutto quando non c’è gente, sembra di poter tornare ai tempi lontani di quando fu costruito il monumento all’Indiano. E ti ricorderai forse la storia, a me la raccontava lo zio di mia madre: un giovane principe indiano di ritorno in patria dopo un viaggio a Londra, dove era stato a studiare e a salutare la regina, si ammalò di tubercolosi e un malore lo uccise a soli ventun anni mentre era a Firenze, al Grand Hotel, alla fine di novembre del 1870. Il suo corpo fu bruciato, secondo il rito indù, alla confluenza di due fiumi (Arno e Mugnone, fiume e affluente in questo caso) dove vennero sparse le sue ceneri e in sua memoria fu costruito il monumento funebre, di recente restaurato, con il busto del defunto, il principe Rajaram Chuttraputti di Kolhapur sotto un baldacchino sorretto da quattro sottili colonne.
Spero che ricorderai anche di abbracciare un pino ogni tanto
e nel vento sentirai una mia carezza