Domenica 26 settembre, con la maglietta di Corri la vita (neanche quest’anno la maratona tutti insieme per via del coronavirus), incontrati in piazza della Signoria due compagni di pellegrinaggio del giorno prima, Pino e la maestra Patrizia,
Pino, Patrizia e me davanti Palazzo Vecchio
poi a passi svelti in Santa Croce, per goderne in un certo senso come una turista nella mia città, per scelta, con desiderio, come non càpita a caso se non si decide di dedicare tempo e attenzione a tesori di storia e d’arte che si rischia di dare per scontati solo per la fortuna di esserci nati accanto…
Occhi, cuore e mente colmi di bellezza, pensieri rimescolati coi ricordi… poi il fortunale!
Riparo nell’atrio della Badia Fiorentina, occasione di un’altra ricarica di bellezza.
da Firenze a Pistoia, ieri, una bellissima esperienza.
Il mio primo pellegrinaggio a piedi, in compagnia, non solo una camminata di tutto rispetto, una trentina di chilometri, forse più… (ma il primo chilometro, col buio, prima dell’alba, da casa a San Jacopino da sola mi ha fatto battere il cuore più forte, per un’ansia di vecchia data poi lasciata per strada nei chilometri dopo), dalla chiesa di San Jacopo in Polverosa alla Cattedrale di San Zeno, per il Piccolo cammino di Santiago, anche e soprattutto un viaggio dentro il cuore, dalle paure e dalle lotte con ombre e fantasmi all’abbandono nel cuore della misericordia. GRAZIE
Se ne va a capo scoperto. La morte, il vento, l’ingiuria: tutto riceve in faccia, senza mai rallentare il passo. Si direbbe che ciò che lo tormenta è nulla rispetto a ciò che egli spera. Che la morte è nulla più di un vento di sabbia. Che vivere è come il suo cammino: senza fine. L’uomo che cammina è quel folle che pensa che si possa assaporare una vita così abbondante da inghiottire perfino la morte
(Christian Bobin, L’uomo che cammina, citato da chi ci ha accolti a Santa Maria a Campi)
Ogni tappa un timbro sulle credenziali dei pellegrini, ogni sosta un bicchiere d’acqua offerto perché siamo suoi… e non solo acqua! Ci hanno accolti con uva, friselle pugliesi e pomodori, riso e verdure, torta di mele, schiacciate e tanta, tanta acqua fresca, preziosa per chi cammina sotto il sole per ore. E caffè. E preghiere, sorrisi, come abbracci GRAZIE
e i pellegrini ebbero fame…
La gioia grande di veder arrivare Don Fulvio (accompagnato in auto) a Pistoia ha cancellato il dolore alle estremità e la stanchezza…
L’accoglienza in cattedrale è stata commovente. Una messa bellissima. E il dono della pace in cuore per il cammino che riprende, ogni giorno. Il cammino non finisce certo dopo aver varcato la Porta Santa
Domenica 19 settembre 2021, alle Cascine, nel pomeriggio, dopo la pioggia della notte e del mattino. A giocare con le luci e le ombre, le foglie e i colori. GRAZIE
Ho subito un danno. Le persone danneggiate sono pericolose. Sanno di poter sopravvivere.
Per anni ho conosciuto solo questa citazione dal libro che mi sono decisa a leggere dopo i libri di Dehò. Cambiando decisamente genere, ma sempre di vita si parla.
Cercate di trattenerla e si ribellerà. È impossibile spezzare Anna. È già spezzata, vede? Deve sentirsi libera. Così tornerà sempre…
Ero attratta dalla frase su chi sa di poter sopravvivere e forse cercavo risonanze di mie fratture e una specie di catarsi. No, non mi ci rispecchio che nella minima misura in cui tutto quel che è umano in qualche modo ci tocca tutti. Evidentemente sono fragile, ma non frantumata, non fratta, non spezzata, perché so di potermi ancora spezzare. Ma torniamo al libro. Mi è piaciuto? Sì, mi ha distratta da diversi pensieri pesanti, si è lasciato divorare in poche ore, avvincente e, stranamente, non tanto inquietante anche se parecchio inquieti sono i personaggi e decisamente morboso il rapporto tra i protagonisti. Lo rileggerei? No, una volta basta, ma sono contenta di averlo letto, perché detesto avere in testa una frase famosa tratta da un libro senza aver letto il libro. E poi perché mi ha fatto apprezzare le mie debolezze, la mia vulnerabilità, il non aver chiuso il cuore all’amore che dona molto e molto ferisce, ma non genera il vuoto e la corsa all’abisso, veri protagonisti della storia.
Per quelli di voi che ne dubitano: questa è una storia d’amore.
No, non è una storia d’amore. Forse una storia sulla devastazione provocata dall’assenza di amore. C’è desiderio sessuale, dipendenza psicologica, ossessione erotica, sottomissione e fame di controllo, sete di sensazioni, ma l’amore? L’unico momento in cui il protagonista maschile (e voce narrante) compie, secondo me, un vero gesto d’amore è verso la fine, dopo la tragedia annunciata sin dalle prime pagine, nei confronti della moglie tradita e mai amata nel senso della passione o dell’amore romantico, quando le sottrae la collera, “era scevra del furore, del rancore e del senso di colpa degli incolpevoli”, per lasciarle solo il dolore, cui comunque lei saprà sopravvivere.