perdere e cercare

Nessuno stupido si avvicinerebbe al fuoco dopo aver capito che scotta.
Nessuno tranne chi ha un valido motivo per bruciarsi
(A. Einstein)

Ritrovare fiducia e libertà, guarire insomma, dopo aver perso lucidità e autostima… a volte vengono in aiuto citazioni impreviste e armi insolite. Stare lontana dal fuoco, certo, ma soprattutto curare i motivi per bruciarsi e nutrire le ragioni per vivere invece senza farsi male, ecco.

… trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero le sue parole. Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini (Luca 2, 43-52)

Un abbozzo al volo, senza disegno, subito con le tempere sulla piccola tela e poi…

…mai contenta, sempre a fare, disfare, rifare. Alla fine si sciupa la tela, ma l’esercizio mi serve e il tutto aveva una sua funzione ulteriore. Arma di distrazione in un combattimento impari GRAZIE

Oggi poi una bella camminata alle Cascine con un caro amico, anche lui reduce dal medesimo combattimento, lui vittorioso da qualche anno. E con la sua dolcissima canina, Wallander, che proprio oggi festeggiava il suo quinto compleanno!

Al ritorno, la tempera era asciutta e ho appeso il quadretto ricordo della battaglia vinta. GRAZIE

Sete e colori… il pozzo è profondo

... Signore il pozzo è profondo
più fondo del fondo

degli occhi della notte del pianto.
Lui disse – Mi basta,

mi basta che sia
più profondo di me

Appena un accenno di linee scure su fondo rossastro.

Prove tecniche di ‘grisaglia’ e un po’ di esercizi per vedere se riprendo la mano con i pennelli.

Ancora esercizi con i colori, anche se, per ora, sono tempere da poco, solo per imparare di nuovo senza lezioni, solo provando e riprovando

In quel tempo il Signore Gesù giunse a una città della Samaria chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunse una donna samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi discepoli erano andati in città a fare provviste. Allora la donna samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere!”, tu stesa avresti chiesto a lui da bere ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete: ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore, – gli dice la donna – dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa – in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te».

In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui.

(dal Vangelo secondo Giovanni, Gv4, 4-30)

Solo un p.s. a LETTERE

Come in Comete Alessandro Dehò aveva ritrovato tra le sue e nostre macerie frammenti di stelle, in LETTERE, parole come pioggia battente, ogni destinatario mette a nudo il mittente. A riprova del fatto che non ci si conosce da sé, ma sempre un rapporto ci rivela a noi stessi prima che agli altri. GRAZIE

A Viola piacciono tanto le api. Sto per andare a riprenderla a scuola. La scuola è in presenza, la DAD non è scuola, la didattica a distanza dei mesi che hanno partorito Comete non era scuola, non per i bambini delle elementari almeno. Sì, lo so che ora si dice ‘primaria’, ma la mia bimba frequenta proprio la scuola – nel senso dell’edificio, non solo come denominazione – che aveva ospitato me alle elementari e, alla mia non più tenera età, mi ritrovo ancora a fare i conti con qualche fantasma di quel periodo… egoisticamente per me sarebbe stato meglio continuare tramite Zoom e Meet, con i compiti assegnati sul registro on line… ma per Viola ci vuole la scuola vera, la classe, i compagni di classe, lo scazzo coi coetanei e il confronto con i bambini più grandi, i dispetti e le prime vere amicizie, le prove tecniche di innamoramento e le bugie… la scuola.

Tra le LETTERE una delle più belle è quella di Zaccaria alla sua sposa Elisabetta, appassionata e illuminante. Me ne salvo due frasi appena: ‘Credo nell’Eterno perché essere “giusti davanti a Dio” e “irreprensibili” non significa non sbagliare mai, ma non maledire la vita, non accartocciarsi, non vivere da risentiti’ e ‘ci credo perché Giovanni è un “precursore”, cioè uno che è nato per incarnare l’Attesa. Abbiamo partorito Attesa, amore mio, ti sei accorta? (…) avendo atteso da tutta una vita noi siamo sempre stati fertili! Sterile è solo chi non attende. Abbiamo partorito Attesa perché qui non possiamo imparare nient’altro che questo, a vivere di fame e di sete’.

Poi ci sono pagine che lasciano senza fiato, la lettera di Maria a Giuseppe, la lettera di Giuseppe al Bambino, la lettera ai pastori di un pastore morente… oltre alle lettere in memoria dei morti di Covid. E l’abbraccio al babbo. Sempre

GRAZIE

e consiglio a chi vuole respirare bellezza e luce, il bellissimo blog di Alessandro Dehò

LETTERE di Alessandro Dehò

Arrivate alla fine di dicembre, prima del congedo dal 2020 che tanto ci ha scavati un po’ tutti e rimescolati, le travolgenti LETTERE di Dehò mi avevano subito coinvolta. Troppo. Mi sono fermata qualche giorno a spazzare via un po’ di polvere, senza pretesa di rimuovere macerie su cui altri (o l’Altro) potrà forse ricostruir(mi).

Conosco la tentazione di ritirarsi in silenzio, rifiutare inviti a scrivere e “rovistare tra ferite che ancora bruciano”, ma riconosco ancor più “l’urgenza della scrittura, questo demone salvifico, questo bisogno irrinunciabile…”. Resa magnifica. “…scrivere, in fondo, è arrendersi”.

In accompagnamento alle parole scritte, le parole cantate intrecciate con le note: ogni testo è seguito da una canzone, musiche come un respiro e spazi che “non sono un contorno”, anche canzoni note in altre versioni, come Todo cambia di Mercedes Sosa o Sidun di Fabrizio De André e La Sposa indimenticabile nell’interpretazione di Giuni Russo, ma tutte, qui, proposte nella versione cantata da Ginevra Di Marco, mia concittadina sensibile e raffinata che mi è toccato imparare a conoscere meglio e amare grazie a un tizio dalla discutibile fede calcistica (l’unico link che non ho seguito è quello alla traiettoria di un certo pallone…il mio cuore viola mi frena! Nemici nel calcio, anche se sento Alessandro Dehò profondamente fratello). Qui ripropongo la prima canzone reinterpretata da Ginevra: Tutto cambia.

Le parole alla nipotina che Alessandro scrive, da zio, dopo la morte del padre Franco: “io non voglio che tu dimentichi il nonno… troppo importante, è importante per te. E forse anche per me, che figli non ne ho… ho tanta paura dello spreco dell’amore” riaprono ferite e riaccendono speranza e voglia di far vivere ancora un altro nonno, il mio babbo, che a mia figlia e sua nipote manca come manca a me, anche se lei lo ha conosciuto per pochi anni e non quando era un vulcano di energie, amore, idee, slanci, generosità e impegno. Dovrò parlare a Viola del suo grande fragile indimenticabile nonno.
E la farfalla… per me, la farfalla è un segno preciso. Quando vedo volarmi vicino un paio di ali bianche so che babbo mi è accanto.

Chi conosce una storia un po’ taciuta capirà perché questa pagina:

mi ha fatta piangere. Anche se mio padre l’amore vicino l’ha vissuto e moltiplicato.

Per stasera mi fermo qui, forse. Forse riprendo più tardi e intanto pubblico… tanto non sto scrivendo un articolo di giornale, questo è solo il mio piccolo blog personale, terapia selvaggia alla sete di senso che nulla di finito mai colmerà

primi giorni di un anno nuovo

Alla confluenza dei due fiumi, fiume e torrente affluente per noi, Arno e Mugnone, dove si svolse il primo rito di cremazione in città, per il giovane principe indiano Rajaram Chuttraputti, morto a Firenze nel 1870, oggi si posavano placidi tra un volo e l’altro uccelli dalle candide ali… anche un airone! Nel parco delle Cascine visti di nuovo pure tanti pappagalli verdi…

Camminare e guardare acqua e cielo, voli e soste. Camminare e affidare all’aria e al fiume ricordi da lasciar andare e speranze da seminare.

In casa, nei giorni di pioggia e neve e ‘zona rossa’ delle vacanze di Natale, altri esercizi con le tempere, per ammorbidire la mano e distrarmi dalle tentazioni:

Lunedì 4 fantasie di alberi intorno a un bacio.

Schizzi, abbozzi, prove e qualche volta appendo al muro i miei tentativi di portarmi a casa alberi, sogni, cielo… poi, se posso, preferisco uscire!

Oggi, monumento in controluce e tanto cielo tra i rami.

Tra Natale e Capodanno quasi sempre pioggia e anche neve vicina, sulle colline intorno a Firenze…

L’ultimo giorno dell’anno trascorso, in una tregua della pioggia, bella camminata alle Cascine. Freddo, ma era uscito il sole e avevo tanta voglia di respirare aria pulita, tra i miei alberi… nei sentieri, con la persona più vicina a trecento metri almeno, posso levare la mascherina e godermi i profumi di terra e foglie. A un tratto, un riflesso particolare aveva catturato la mia attenzione

e mi sono avvicinata alla base di tronco da cui era stato ricavato un bel sedile (il “trono” nei giochi di Viola quando ce l’ho portata)

e c’era dipinto un Gesù crocifisso con ai lati il Sole e la Luna… mi ha emozionata tanto GRAZIE

Ieri, nel giorno dell’Epifania, esercizi sul tema del Natale…

Oggi passi e luce, acqua e voglia di rinascere

e preghiere per chi è nato al cielo, di qualsiasi religione fosse in vita