La guerriera che sorride

Prima o poi qualcuno dovrà spezzare la catena della violenza e della mancanza di amore

Appassiona come un romanzo, ma è una storia vera che insegna molto, non solo sulla realtà storica dei rapporti tra aborigeni e immigrati europei in Australia, la vita di Rina Louise Dal Cengio insegna molto sul cuore, sulla forza dei legami tra persone e sulla bellezza del perdono. Al termine del racconto, la guerriera che sorride nonostante tutto il male che le hanno fatto e di cui è stata testimone diretta, dichiara quel che desidera trasmettere: “Cerco di tramandare tutto l’affetto che non ho mai conosciuto nella mia infanzia. Prima o poi qualcuno dovrà spezzare la catena della violenza e della mancanza di amore”

La storia di Rina Louise Dal Cengio, il racconto di una vita difficile eppure bella davvero, grazie alla generosità immensa di questa donna e alla delicatezza con cui Stefano Girola le ha dato voce. Un viaggio nel passato non remoto, un sogno dall’altra parte del mondo.

Si legge in tre ore, ci ho messo quasi due settimane. L’avevo iniziato un pomeriggio di pace, con tisana calda e bimba tranquilla a fare i compiti…

Contenta di essermi regalata di nuovo il lusso di leggere un libro per volta.

Poi è ripartita una baraonda in testa e nel cuore e nella vita intorno… e riprese le letture sparse, ma non solo. Oggi, posati i pennelli e i colori dell’altra passione ritrovata, ricominciato e finito il bellissimo libro di Stefano Girola. Non mi ero fermata in un punto a caso, comunque, ma alla parte della vita in ‘famiglia’… non ero pronta a leggere di abusi…

Stasera è stato bello, dopo le lacrime anche di rabbia, raccogliere il sorriso del perdono, autentica vittoria di una fragile e fortissima bambina diventata donna, mamma, persona fiera delle sue origini e della sua novità…

grazie!

correzioni

e rifacimento.

Mi ero persa il punto di fuga, anche se il pasticcio di ieri mi aveva aiutata a fuggire qualche tentazione, le famose ‘occasioni prossime’…

Si fa prima a ricominciare da capo.

Mancava un minimo di prospettiva al mio sogno di neve. Foglio nuovo e via. Tanto non oso uscire fino all’ora in cui dovrò farlo per andare a riprendere la bimba a scuola, non mi fido di me. Mi tengo agli arresti domiciliari finché non sarò disintossicata a modino.

Quello piccolo è quello di ieri.

Mani sciupate da freddo e troppi lavaggi, tra pennelli e piatti… e disinfettanti. Ma meglio arrossate, gonfie e screpolate che gialle di nicotina. Non si fuma più!

sogni di neve

o soltanto di bianco, di luce, di silenzio.

Bisogno di spostare l’attenzione dai richiami velenosi di una dipendenza vinta per un bel po’ e poi tornata a schiacciarmi. Si riparte, ci riprovo, un giorno alla volta e intanto affido tutto, anche il passato che non deve più tenermi legata, ma mentre oso la fiducia in un aiuto invisibile, ci metto quel poco di impegno che posso, tengo le mani occupate a pasticciare con i colori e le immagini dei sogni confusi… una specie di terapia selvaggia.

Domenica pomeriggio in casa, a Firenze, nella Toscana zona rossa per tentare di arginare i contagi, nel primo freddo di questo autunno inoltrato… in piena pandemia.

Nei giorni scorsi ancora dolcezza di aria freddina, sì, ma caldo oro tra le foglie in danza dai rami tesi contro il cielo inondato di luce…

Mentre il mondo fronteggia il covid, dentro me altre battaglie… non da sola, però, mai da sola.

Dove le rose sbocciano in ogni stagione, dopo il buio dell’inganno e nella notte ancora dei dubbi, la luce della pace.

GRAZIE

sete di cielo

Ieri mattina mi ero svegliata con un’immagine di notte stellata da mettere in colori su tela, con le tempere tornate amiche.

Preparato lo sfondo, poi mi è ‘scappata’ una stella cometa e da lì la scena ha preso un verso natalizio…

come un presepe da lontano, come il bisogno di affidare tutto – ma proprio tutto – alla Luce che porta il cielo in terra

(comunque domenica abbiamo iniziato anche a fare il presepe

e l’albero di Natale, con Viola, per ora senza luci)

Un caso letterario

In questi giorni sono stata in Turchia e in India, ma soprattutto nelle strade di Ancona e in particolare a San Ciriaco, a vedere l’alba e il tramonto nello stesso giorno sullo stesso mare, “con le nuvole basse che confluivano fino al confine tra l’aria e l’Adriatico”, un incanto dipinto con colori che amo, mentre sull’Ararat sentivo la potenza di un silenzio temibile e amico insieme, un soffio di infinito, con l’eco di profumi e note capaci di far camminare il cuore e i pensieri.

Come si viaggia tanto in tempi di lockdown? E senza fare uso dell’erba della verità (“Peccato che quest’erba che unisce, da noi è sempre stata proibita, invece si approvano alcool e slot machine…”). Stamattina avevo quasi finito il noir scritto da Marina Malgioglio e Riccardo G. Palmieri… centellinavo le ultime pagine, perché mi dispiace sempre congedarmi da un libro che mi piace. Era tanto che non mi appassionavo a leggere per viaggiare con la mente, riconoscermi, evadere e tornare a me, non per dovere, insomma.
Non posso togliere a chi deve ancora leggerlo il gusto del giallo, anche se psicologico più che investigativo in senso classico, quindi nessun appunto su trama e personaggi. Stavo per scrivere “persone”, perché mi sembra di averci parlato e bevuto il tè insieme. E questo dice tutto sulla bravura degli autori. Notevoli le scene di sesso, mai banale o volgare, non è facile trovarne scritte senza banalità ridicole o volgarità che disturbano. Quel che mi disturbava, quel che non riuscivo a comprendere, non tanto con la testa, quanto per un istintivo senso di difesa (istinto di sopravvivenza psichica?), mi ha trattenuta dal cercar di pensare alla soluzione del giallo e ne era la chiave. Bel viaggio. Grazie!

Porte di luce

Sabato mattina di colori fatati nella nebbia che avvolgeva ancora Firenze, splendida anche se pervasa da uno sgomento da masticare.

Ultimo giorno di movimento nel territorio comunale senza bisogno di autocertificazione (ovviamente non vado al Cimitero delle Porte Sante per lavoro o salute, mentre le necessità dell’anima non sono contemplate dai DPCM o dalle disposizioni che variano più del mio umore in ‘quei giorni’… la Toscana è passata da zona gialla a zona arancione e ora – da domani – a zona rossa nel giro di una settimana, quando gli effetti di ogni misura andrebbero valutati dopo quattordici giorni almeno, ma lasciamo perdere, non c’è speranza di capirci qualcosa). Un’amica con le mani d’oro che mi aveva messo da parte un basco di lana, fatto a mano da lei prima del primo lockdown, mi ha scritto stamattina presto per chiedermi se lo volevo ancora (lo ha ritrovato mentre preparava la vetrina natalizia, a proposito, appena possibile, per chi sta a Firenze, fate un salto a visitare Ideafiore di Daniela Iannone, accanto alla Basilica di San Miniato al Monte, in via delle Porte Sante al numero 34) e non mi è parso il vero di proporre a sposo e bimba una piccola gita finché si può…

finché si poteva…

Daniela Iannone e alcuni suoi lavori

Mi sono portata a casa il basco rosso (Viola, invece, ha ricevuto in dono un campanellino dorato da appendere all’albero di Natale) e nel cuore i colori e la luce del posto più vicino al cielo che io conosca e il calore di un’anima buona con le mani d’oro.

Grazie, Daniela!

Nonna, mi manchi ancora, ma sei

Sei anni dopo, ancora mi viene a volte la voglia di fare quella telefonata o andare in bus per “chiedere a nonna Gabriella che cosa pensa di… ” e fino all’ultimo giorno della sua vita lunga e traboccante amore ci ha stupiti con le sue risposte uniche e le sue domande intelligenti. Oggi anche la sua assenza mi parla. GRAZIE

Sei nella gioia senza fine, sei passata alla vita che non passa…
e sei nel mio cuore. Ci sei sempre.

Letture in corso

In ebraico occhio si dice ‘ajin,
termine che significa anche sorgente.
Se apri gli occhi si aprono sorgenti,
negli altri e in te.
Uno sguardo giudicante
paralizza e separa,
mentre uno sguardo non giudicante,
ma includente,
disseppellisce sorgenti negli altri,
spighe, luce, talenti, futuro.

(Ermes Ronchi)

Arginare il caos è una scelta. Se inizio dieci libri insieme, in un periodo di pensieri non lievi e di smarrimento per tutti, rischio di non gustarne a fondo uno che sia uno. E allora, visto che oggi sono arrivati i libri nuovi, ordinati per amicizia, fiducia e stima nei confronti di chi li ha scritti, oggi mi sono congedata da uno dei tanti avviati e mai finiti: “Lo sguardo dell’altro. Per un’etica della cura e della compassione” di Simone Olianti e Alfredo Jacopozzi che dichiaravano nell’introduzione:

Non si può vivere pienamente senza relazioni umane nutrienti.
Scriviamo questo libro per riaffermare e condividere il valore delle relazioni umane, della cura dell’altro, dei comportamenti gratuiti di generosità e di dono, della bellezza e dell’importanza di sviluppare la compassione per l’altro

Nella prefazione, il cardinale Gualtiero Bassetti scriveva:

“Angosce, preoccupazioni, rabbia, dolore, frustrazioni, paure, disorientamento stanno segnando il quotidiano di molti. Come pure il peso di gestire molte domande senza risposta. C’è, inoltre, la tenuta economica del nostro paese da tenere presente. Più l’emergenza durerà, più è probabile che dovremmo confrontarci con una crisi davvero drammatica. Quale prospettiva abbiamo di fronte a tutto ciò? (…) Dobbiamo ritrovare la concretezza delle piccole cose, delle piccole attenzioni da avere verso chi ci sta vicino, famigliari, amici. Capire che nelle piccole cose c’è il nostro tesoro”

Mi unisco alla preghiera per chi scriveva ancora “quanta più passione si nutre nel prendersi cura dell’uomo, tanto più è possibile trovarsi sulla strada di Dio” e per tutti i malati e per chi se ne prende cura.

Prima di chiudere il libro che mi ha accompagnata in mezzo al caos, salvo qualche frase e condivido pochi passaggi qui. Dalla prima parte, testi di Simone Olianti, almeno il brano per me più liberante:

“L’uomo non obbedisce a logiche deterministiche e rigidamente predeterminate.
L’uomo è di più. È più dei suoi condizionamenti, è più delle sue ferite, è più di quello che i suoi geni e le sue esperienze pregresse lo porterebbero ad essere. L’uomo non è una formula matematica. L’uomo è soprattutto quello che sceglie di essere. Ed essere egoisti sempre e comunque non è una condanna a priori della natura”

Mentre dalla parte dedicata al paradigma del dono, a cura di Alfredo Jacopozzi, mi salvo l’inno all’improduttività (mia profonda convinzione che solo l’inutile sia indispensabile per vivere e non meramente sopravvivere):

E l’etimologia di comunità, cum-munus con quel che segue per le dinamiche della gratuità e reciprocità.

Grazie!

finché ce n’è

Colori, riflessi, passi, emozioni, corsette e pieno di bellezza…

all’aria aperta finché si può, finché la stagione, dolce autunno di colori incantati, lo consente, finché le restrizioni alla libertà di movimento non ci faranno di nuovo chiudere in casa o uscire quasi di nascosto col timore dei delatori da balcone

Tra le foglie belle del giardino di San Jacopino

stamattina da sola, prima della messa.

Nel pomeriggio con Sandro e Viola alle Cascine (di domenica c’è troppa gente, abituata a godermi il parco in solitudine nei giorni da lunedì a venerdì mi scordo sempre che nel week end sarebbe meglio evitare, ma solo di domenica posso andarci anche con lo sposo e la bimba… qualcuno lavora ancora, grazie al cielo),

C’erano tanti pappagalli verdi tra le foglie gialle… forse qualcuno li ha liberati? O sono fuggiti? Mai visti tanti così!

Viola era contenta di farmi vedere come ha imparato a pedalare

E poco prima di tornare a casa, a strappare ancora qualche immagine bella al fiume …

un incontro a sorpresa, bellissimo: Alma

che ballava con me quando Viola era nella mia pancia e che mi aveva fatto foto col pancione durante le ultime lezioni di danza del ventre prima della nascita della nuova ballerina, oggi in versione ciclista e monella dalla mascherina rosa