Comete come te

Luce e colori. Parole e cuore. Spazio aperto. Cielo.

Non un libro, non una rivista.. un po’ libro, un po’ rivista, una sola uscita, per ora, su richiesta, già esaurita. Un po’, molto anzi, un abbraccio con l’anima, in questo tempo sospeso di abbracci con le braccia ancora parecchio limitati quando non vietati. Comete di Alessandro Dehò ha inciso un solco di luce nella mia incapacità di portare in fondo una qualsiasi lettura da… da quando anche il tempo intorno si è sbriciolato, se mai era stato integro. La mia copia cartacea di Comete è arrivata a casa mentre stava per cominciare la bella esperienza della Summerlife per Viola tra i bimbi e per me in altro senso… solo oggi ho girato l’ultima pagina. Quasi un mese per poco più di trenta pagine? Ogni pagina avrebbe richiesto settimane di riflessioni e pagine di diario personale, per quel che riaccendeva! E poi, anzi, prima, l’invito all’ascolto. Ascoltare ancora il Requiem di Mozart dopo non molto tempo (babbo amava moltissimo Mozart… ama, lo ama, si saranno incontrati nella sinfonia infinita? A divertirsi insieme con gli angeli, chiuse le lodi con Bach…), stavolta nella versione diretta da James Gaffigan con l’Orchestre national de France, è stato come aprire la diga a una piena di lacrime che premeva da mesi.

E poi la scoperta di un Requiem diverso, inatteso, disturbante quasi all’inizio, meraviglioso e liberante “Stringeranno nei pugni una cometa” di Silvia Colasanti

davanti al Duomo di Spoleto

con le parole di Mariangela Gualtieri contrappunto Dubitante al coro di chi non dubita che continua a pronunciare il testo latino antico e mai vecchio…

Dubitante con te chiedo perdono per tutte le volte che “non ho guardato con la dovuta attenzione tutte le meraviglie del quotidiano, per quando ho riso troppo poco…”

Ho pianto di nuovo al Secondo tempo. Come specchiarmi, a volte. Comete non consola, ma tiene la mano, la bagna di lacrime sue, sa stare accanto.

Don Alessandro ritrova tra le sue e nostre macerie frammenti di stelle, lacrime per lutti non ancora vissuti, preghiere scritte in tempi lontani e ipotesi di preghiera che valgono tutto il catechismo che non ascoltai fuggita via e tornata dopo un incontro con un’altra cometa

“Fu solo allora che capii che il miracolo non era aprire gli occhi, ma tenerli aperti. Tenere aperto uno spazio. Capivo che il miracolo non era un premio, ma una responsabilità. (…) Quella guarigione che consideravo definitiva in realtà era un inizio”

E in fondo pagine bianche, anzi, due riquadri “Per le tue parole” e la gioia di prendere un lapis per appunti in corsivo, a mano… con in testa ancora le pietre in mano al coro del Secondo tempo.

GRAZIE

Bere con gli occhi

Luce e bellezza. A Firenze, con un caldo da svenire che però non è il caldo assurdo tipico del mese di luglio a Firenze…

(non c’è più il deserto, non è tornato ancora il turismo da affaroni)
(a ogni passo cambia tutto)

Bere con gli occhi la bellezza

(e mangiare con la maglietta)

Anna in rosso, me in giallo… poi con schizzi rossi di pomarola
pausa pranzo in un posto carino
un giogo non dolce, temo, ma saporito e piccante

E verso la fine di una caldissima giornata ricca di bene, gusto, bellezza, affetto, colori, sorprese… la placida eleganza della gatta adottata dal giardino della canonica di San Jacopino. Stina, la gattina rinata…

Luna crescente

...solchi, crateri, occhi ci vedevamo, nascondigli di fate e streghe… rughe e cicatrici che non sciupano la meraviglia, anzi rendono unica e più vera, quasi fosse vicina, la bellezza che a buio mi consola.

Lunedì, giorno mai facile, ma da non disprezzare…

E sorrido al ricordo della storiella sulla scomparsa del lunedì che piace tanto a Viola…

Regalo della ‘fatina dei denti’

Due anni senza te, babbo

… strapperà su questo monte
il velo che copriva la faccia di tutti i popoli
e la coltre distesa su tutte le nazioni.
Eliminerà la morte per sempre.
Il Signore asciugherà le lacrime su ogni volto…
(Isaia)

Fino all’inizio di questa strana estate, dopo mesi sospesi (ancora l’anima a volte sembra rimasta all’inverno, ha saltato la primavera e si scopre smarrita nella luce abbagliante di luglio), quel che resta del tuo corpo, babbo, era ancora senza tomba, sepoltura provvisoria solo la bara di legno nella terra, la croce di legno, l’olivo e piantine… e, le rare volte che sono venuta, ti ho portato la rosa bianca che amavi tanto.

Perché ti rattristi, anima mia,
perché ti agiti in me?
Spera in Dio

(Salmo 41)


Non ero pratica di visite ai sepolcri, solo per te, babbo, ho imparato a capire in parte il senso di onorare anche il luogo fisico, la porzione di spazio che in un frammento di tempo ospita i resti di chi ho tanto amato in vita, tutto intero: intelligenza e limiti, fede viva e piccole grandi paure, generosità e attacchi di panico, carità e carne, debolezza, acciacchi della malattia e dell’età… non mi bastano i tuoi scritti e le foto che si ritrovano ancora, mi manca la tua voce, l’odore del sigaro, la tenerezza infinita di babbo e nonno. Manchi tanto, babbo, manchi a me, a Viola… e a tante persone, a chi non lo dice, ma si sente, a chi lo dice spesso, a chi me lo scrive ancora dopo due anni dalla tua morte…
A me ora tornano in mente i momenti più belli, ti rivedo (anche grazie alle fotografie ingiallite che mamma ha ripescato dai cassetti) quando eri giovane e noi piccini…

rimescolìo di memorie, emozioni, lacrime e sorrisi. E a volte persino vere e proprie risate!

Perché sì, hai sofferto anche di depressione nera, soprattutto negli ultimi anni, ma non eri una persona triste, anzi. Mi hai insegnato tu a ridere e sorridere, amare la musica, il cinema, il teatro, la poesia, i romanzi, il buon cibo, il vino, il fumo (ma ho smesso per la salute), il profumo, la bellezza e tutto quel che non porta utile, non serve a sopravvivere, ma nutre la gioia per cui vale la pena vivere

Ero piccina, in braccio a zia Valentina, sorella della nonna Gabriella, con babbo Lodovico che sorrideva e mi guardava con amore, un amore che non scordo

Adesso c’è una tomba, finito il lockdown, appena mi è stato possibile, sono venuta a vedere. Volevo mettere la nostra rosa bianca accanto al tuo ritratto, ma la fioraia del cimitero non aveva più rose. Il delicato Lisianthus che mi ha proposto mi piaceva, sembra un mazzolino di rose bianche…

Preghiere, lacrime, parole senza voce… già aspettando l’autobus per il ritorno, all’ombra di un albero, non sotto il sole come all’andata, anche se all’andata è stata una bella sorpresa scoprire vicino al cimitero una panchina rossa con quel che significa…

alle lacrime si è sostituito un sorriso dal cuore, nella fiducia che ci ritroveremo in una maniera che non posso immaginare, ma che mette le ali alla mia speranza…

come l’olivo che sarà segno e ricordo e promessa

Estate ragazzi a San Jack

Summerlife a San Jacopino


A Firenze quest’anno, causa emergenza covid, la scuola è finita a marzo (per Viola a fine febbraio, era già a casa con una tonsillite e sarebbe tornata proprio nei giorni della decisione ‘provvisoria’ di chiudere tutte le scuole…) , in altre città d’Italia anche prima. Sì, la didattica a distanza, ok… ma per i bambini e i ragazzi di elementari e medie i compiti su piattaforma digitale e le videochiamate con zoom o meeting potevano davvero sostituire le lezioni in classe, lo stare insieme con i coetanei in un contesto sano? A San Jacopino dai primi di luglio è iniziato un bel progetto che non vuol esser chiamato ‘centro estivo’ perché non c’è paragone con il CRE degli anni passati, dati i limiti imposti dalla normativa anti covid, ma per i bambini piccoli almeno è davvero una bella esperienza. Nelle prime due settimane, fino a ieri, c’è stata anche la mia bimba alla Summerlife di San Jack e si è divertita tanto. Vedevo felici anche gli altri bimbi, nel mio doppio ruolo di mamma e di volontaria per le operazioni di ‘sanificazione’: pulire, disinfettare tutto quel che usano (dai giochi ai pennarelli, dai bagni ai tavoli, dalle maniglie di porte e finestre ai palloni), aerare i locali. Piccole attenzioni che consentono di far stare bene i più dimenticati nella pandemia, i bambini non sono aziende, ma la loro crescita dovrebbe stare a cuore a tutti come e più delle imprese economiche, penso…


I don e gli educatori stanno offrendo una bella esperienza a bambini e ragazzi privati della scuola da mesi e provati dalla mancanza di contatti con i coetanei…


Tra giochi in giardino, gare, gite alla scoperta di Firenze e della sua storia, come il primo giorno al Palagio di Parte Guelfa


a scoprire i colori del Calcio Storico


o come a Orsanmichele, nella seconda settimana, per imparare a conoscere le arti e usarne i nomi anche nelle gare di gavettoni a distanza

(per la cronaca, ha vinto l’Arte della Lana)


Tra educatori, don, genitori, volontari, si sta attenti anche all’uso delle mascherine (al chiuso sempre, all’aperto solo se non è possibile mantenere la distanza minima) e al rispetto delle distanze, se non sempre sempre all’interno dei piccoli gruppi o ‘bolle’, almeno tra i gruppi, perché se si dovesse ammalare un bambino o un animatore, si fermerebbe solo quel piccolo gruppo, non tutti.


Distanziamento per cautela, ma solo fisicamente. Uniti per crescere insieme, distanti per evitare contagi pericolosi per i più deboli. I ‘centri estivi’ al tempo della pandemia…

Don Daniele (in maglietta rossa) con educatori (in verde) e animatori (in giallo)


E in mezzo alla bellezza di fiori e muri, stanze e spazi aperti, conoscersi e riconoscersi fratelli

San Jack

A Roberta

Tra la buonanotte e gli auguri di buon compleanno, nata il 4 di luglio … viva Roberta!

Stasera si nasconde, nel cielo sopra Firenze almeno, dietro nuvoloni che promettono sollievo alla calura opprimente, ma ieri era splendida e le facevano corteo sbuffi di nuvole danzanti e un volo di rondini canterine.

Qualche scatto per te

dalla finestra della cucina che ricordi bene

PS della sera dopo, ancora il 4 luglio:

Luna incantevole stasera, l’abbiamo vista insieme, con Sandro e Viola, alzarsi rosa da dietro la collina tra i palazzi…

4 luglio 2020 Luna rosa su Firenze1

Luna ancora più luminosa con il buio della notte e restare a guardarla, stare lì semplicemente con gli occhi allo splendore che non brucia, mi riempie di dolcezza, meraviglia, pace

4 luglio 2020 Luna su Firenze1

briciole di ozio

sorsi di bellezza senza utilità,

lusso di tempo, il vero lusso è sempre il tempo, soprattutto il tempo per godere di quel che non ha prezzo,

colori, fiori, pendenze, vita che spacca la pietra, tenerezza che germoglia e spunta ovunque, 

anche sotto un sole che abbaglia e fonde, confonde, fa svenire, 

e sfoca in controluce immagini che un giorno saranno ricordi dolci, spero…

sarò il tuo passato, che ti dia fiducia nell’essere stata sempre voluta e amata, Viola cara, sei il mio presente, sarai il futuro del mio amore.

Guarda il cielo ogni volta che puoi, non è mai uguale, non è mai muto.

E un giorno forse tornerai da sola all’Indiano, “dove mamma faceva foto e prendeva boccate di libertà…”

soste su sedute non banali,

in pezzi di spazio quasi fuori dal tempo,

soprattutto quando non c’è gente, sembra di poter tornare ai tempi lontani di quando fu costruito il monumento all’Indiano. E ti ricorderai forse la storia, a me la raccontava lo zio di mia madre: un giovane principe indiano di ritorno in patria dopo un viaggio a Londra, dove era stato a studiare e a salutare la regina, si ammalò di tubercolosi e un malore lo uccise a soli ventun anni mentre era a Firenze, al Grand Hotel, alla fine di novembre del 1870. Il suo corpo fu bruciato, secondo il rito indù, alla confluenza di due fiumi (Arno e Mugnone, fiume e affluente in questo caso) dove vennero sparse le sue ceneri e in sua memoria fu costruito il monumento funebre, di recente restaurato, con il busto del defunto, il principe Rajaram Chuttraputti di Kolhapur sotto un baldacchino sorretto da quattro sottili colonne.

Spero che ricorderai anche di abbracciare un pino ogni tanto

e nel vento sentirai una mia carezza