Venuta la sera

Luna e Venere dalla finestra.

Luci nel buio di queste sere chiusi in casa, con un silenzio triste intorno, ferito dalle sirene delle ambulanze che passano più spesso in direzione di Careggi. Sofferenze che ci toccano tutti, più o meno da vicino.

Negli occhi ancora la piazza vuota che ci ha incollati in tanti allo schermo, ieri, vuota di persone fisicamente presenti, ma piena di suppliche, paure, speranze, lacrime e desideri, deserta sotto la pioggia, vuota davanti alle telecamere, ma popolata e animata verso sera dalle preghiere di tutti unite alla preghiera straordinaria di Papa Francesco. Un abbraccio di amore alle sofferenze condivise. 

I passi faticosi del Papa, commovente e grande uomo di Dio. Le sue parole da rileggere e meditare…

«Venuta la sera» (Mc 4,35). Così inizia il Vangelo che abbiamo ascoltato. Da settimane sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti.
(…)

La tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità. Ci dimostra come abbiamo lasciato addormentato e abbandonato ciò che alimenta, sostiene e dà forza alla nostra vita e alla nostra comunità. La tempesta pone allo scoperto tutti i propositi di “imballare” e dimenticare ciò che ha nutrito l’anima dei nostri popoli; tutti quei tentativi di anestetizzare con abitudini apparentemente “salvatrici”, incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità.

Con la tempesta, è caduto il trucco di quegli stereotipi con cui mascheravamo i nostri “ego” sempre preoccupati della propria immagine; ed è rimasta scoperta, ancora una volta, quella (benedetta) appartenenza comune alla quale non possiamo sottrarci: l’appartenenza come fratelli….”

«Perché avete paura? Non avete ancora fede?». Signore, la tua Parola stasera ci colpisce e ci riguarda, tutti. In questo nostro mondo, che Tu ami più di noi, siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto…

E allora, senza disperdere o scordare (lasciar cadere dal cuore) il turbamento e la commozione, oggi ripartita piano dalle priorità autentiche, semplici, quotidiane. Da quelle che non va bene scrivere alle gioie condivisibili, piccole in sé, immense se segni della forza inarrestabile della vita come dono, bellezza gratis

Curare le piante ricevute in dono, le foglie del filodendro, le radici e i fiori dell’orchidea, i fiori del ciclamino dato per spacciato e rinato…

 

Portare a fare due passi all’aria aperta la mia bimba viva, da troppo chiusa in casa come una pianta d’appartamento, liberata nel suo bisogno di muovere le gambe e confidarmi paure e desideri. Viola è una bambina buona, non faceva storie per uscire, dice di essere contenta di stare con me anche sempre in casa, a ‘giocare alla scuola’ e disegnare, ma le mancano i compagni di classe, le maestre, la scuola vera. E il nonno, il mio babbo… 

Siamo state a distanza di sicurezza da tutti i non conviventi, in questo tempo sospeso che prende allo stomaco e fa piangere dentro. Solo una breve passeggiata lungo il Mugnone, dove spesso incontro Kebe.  Tenerle la mano, ascoltarne le confidenze,   abbracciarla, asciugarle le lacrime

e affidare tutto, gettando tra le braccia dell’Amore la gioia e il dolore

Ubi amor ibi oculos

16 marzo 2020 San Jacopino, foto di don Daniele

San Jacopino, foto da Don Daniele. Dove non posso andare con i piedi, mi porta l’occhio di un uomo di Dio. GRAZIE

19 marzo 2020

19 Marzo 2020

Rosario tutti insieme, ciascuno da casa … restiamo a casa, sì, ma senza chiuderci o isolarci dentro. L’anima vola, il cuore grida, la mente cerca…

MISTERI DELLA LUCE

19 marzo2020

20 marzo 2020

un’orchidea in omaggio nell’uscita consentita per le necessità della famiglia. Regalo del direttore del supermercato. GRAZIE

20 marzo 2020

Dopo la messa in diretta social da casa di Don Fulvio, prima della Via Crucis dalla chiesa chiusa, celebrata da Don Daniele in San Jacopino e filmata da Don Gilles…. uno sguardo dalla finestra di cucina e … San Miniato a colori! GRAZIE

20 marzo 2020 san miniato al monte tricolore verso sera

Povere foto tremanti dal cellulare…

20 marzo 2020 san miniato al monte tricolore dalla finestra

Poi la foto mandata da Padre Bernardo Francesco Gianni GRAZIE

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Passeggiata solitaria, uscita da sola (come ogni volta che devo uscire da quando è iniziata l’emergenza ‘coronavirus’), attenta a restare sempre a distanza di metri e metri da tutti, vicino a casa, nel primo luogo abbastanza deserto da consentirmi di rispettare le distanze: la passeggiata lungo il Mugnone da poco intitolata a Carla Voltolina.

Incontri?
Un piccione a distanza di cinque o sei metri, e un ‘senza fissa dimora’ sulla panchina di legno. Mi guardava camminare e sgranare il rosario. Mi ha sorriso e fatto un cenno di saluto con la mano a distanza. Gli ho chiesto se aveva un posto dove andare, almeno per la notte… ha sorriso, detto di no, si è chinato e ho intravisto una lacrima. Era un uomo di pelle scura, anziano, prendeva un po’ di sole su quella panchina deserta… mi sono fermata a parlare con lui un po’, finito il rosario, a distanza di tre metri almeno. Mi ha fatto tanto bene. Mi ha ricordato che siamo fratelli sotto questo cielo. E forse sì, tutto andrà bene, se non perdiamo il senno e il senso di tutto. La mera sopravvivenza fisica a lungo termine non può bastare. Una goccia di umanità in mezzo al clima di odio e rancori sfogati da tanti nei social… mi atterrisce il fascismo endemico di chi vorrebbe sparare alle persone sorprese in strada senza il solo motivo valido per questo tempo: muovere soldi, lavorare o consumare merci. Supermercato sì, aziende sì (anche se non rispettano le misure di sicurezza per la salute dei dipendenti), passeggiata solitaria no, quella (questa) è inutile, è solo sfizio, solo capriccio… chi lo ha detto? Nel decreto uscito in piena emergenza è assicurato il diritto a svolgere attività motoria all’aperto purché si rispettino le distanze di sicurezza. Ma i talebani da balcone non ci stanno. Fanno foto a chi è fuori e le mettono sui social per mettere alla gogna l’anziano che chiuso in casa tutto il giorno tutti i giorni per tre mesi morirebbe anche senza contrarre il covid-19, la mamma di un autistico grave che se lo ritrova in casa tutto il giorno tutti i giorni senza scuola o servizi di assistenza e se si concede un’ora d’aria per non uscire di testa penso faccia bene, no? O chi porta il cane a fare una sgambata oltre che a pisciare. O la pazza che non sente la necessità di andare ogni giorno al supermercato a comprare cibo pur di avere la scusa per uscire, ma esce a passeggiare e pregare e fotografa la passeggiata Voltolina deserta… c’è chi invoca i cecchini alle finestre per sparare alla gente come me. Qualcuno, invece, inizia a dire che forse si può restare umani anche ai tempi del covid…

 


 

 

 

 

L’ami de mon ami

Marzo è iniziato con la pioggia intonata alle lacrime di un lutto, i fiori per via e l’ultimo saluto all’amato di un caro amico.

Nel silenzio, a passi lenti non solo per via della stampella (un mese dall’infortunio, spero di venirne fuori quanto prima, ma c’è decisamente di peggio), pensieri e ricordi affidati al vento e ai fiori, ai rami e alle foglie… 

Incontri sulle sponde semplici del Serpiolle,

riflessioni sul ponticino… pensando al ponte che deve esserci tra i presenti e i viventi altrimenti.

Fiori colorati di vita, come il sole, all’ombra dei cipressi, nel grigio fosco di prima del temporale.

Pioggia e vento nel momento più pesante… mentre buttavano la terra sopra la bara dell’ami de mon ami, cercavo col cuore la tomba di nonna… anche lei a Trespiano. No, lei nelle braccia dell’Amore, a Trespiano solo quel che resta del suo corpo. 

Requiem aeternam,
dona eis, Domine,
et lux perpetua luceat eis.
Requiescant in pace.
Amen