” Davanti al pregiudizio reagire alzando la posta: meglio tacere? Lo sapranno anche i muri. (…) Tra gli scatoloni in cemento delle case popolari io sono cresciuto in un’intercapedine, respirando una bolla d’aria diversa. Ho conosciuto lo sradicamento silenzioso, il vuoto della non appartenenza. Mi sono abituato all’idea che mi dovrei vergognare di quello che sono e ho capito che il patto velenoso si può spezzare raccontando tutto. Esporre il copione, il regolamento. Appropriarsi a proprio modo dello spazio dell’esclusione, introdurre una falla nel sistema e stare a vedere”
Da Febbre di Jonathan Bazzi, Fandango
Le parole che si incastravano nella gola del bimbo balbuziente esondano nella scrittura come un regalo di luce e verità.
Un romanzo di formazione se non fosse una storia vera, un’autobiografia quasi in presa diretta se non fosse anche una narrazione ricca di simboli e suggestioni. La più coinvolgente lettura degli ultimi tempi, per me, la più folgorante tra le opere prime.
Una storia di vita, amori, ricerca di sé. La febbre che porta Jonathan a scoprire di essere sieropositivo non è il più rilevante tra i prologhi al tremore, c’è tanto di più.
Ho comprato il libro perché mi aveva colpito un post di Jonathan su Facebook, l’ho scelto perché parlava dell’HIV? Forse. Della grande peste viola incubo della mia adolescenza (quando i malati morivano e le persone scoprivano di esser sieropositive solo se ammalate già e la pubblicità faceva il contorno violaceo ai malati-untori-appestati da evitare). O perché intravedevo storie di amore? Anche.
Ci ho ritrovato turbamenti di quando ero ragazzina, il sentirsi sempre fuori posto, inseguire identità, la scissione tra la fuga dagli altri (paura o solo paura del rifiuto? Anzi della possibilità del rifiuto, dell’incertezza? Oh, anche paura di prenderle, eh! Paura fisica concreta, non paturnie… eppure, anche lì, solo paura? Che paura che voglia di esser presi senza attese) e il bisogno implorante di essere ascoltati, aiutati a venire ancora al mondo, nel racconto. Ma senza essere divorati.
Lo consiglio a chi ama leggere, lo consiglio a chi è stanco di leggere e si affanna a raccontarsela… può dare una mano a fare i conti con la propria verità, con la propria storia di vita rattoppata o sbreccata, non importa se etero o gay, se malati nel corpo o nelle emozioni. Catartico. Bello