che ha smesso di battere una notte di marzo.
Riccardo chiedeva aiuto, implorava aiuto, è stato fermato e ha perso la vita nelle mani dello Stato. Noi non lo scordiamo.
Firenze non dimentica i suoi figli.
E non smettiamo di raccontare la sua storia.
Per Valeria che veniva sabato da Venezia a Firenze a consegnare una copia della sua tesi di laurea a Guido Magherini (tesi dedicata a Riky, doveva averne una copia il suo grande Babbo), mi sono trovata in centro con Matteo Calì, venerdì…
Una copia con dedica a Valeria e un caffè con un giornalista vero, un vero signore.
Come grande Babbo e vero signore si è dimostrato una volta di più Guido, un padre che si è visto strappare in quella maniera il figlio avrebbe potuto lasciarsi andare alla disperazione e chiudersi nel suo dolore, invece… sempre affettuoso, disponibile, si è precipitato a ricevere Valeria dove Riky ha lasciato la vita nelle mani di chi avrebbe dovuto difenderlo e soccorrerlo.
Alla stazione ero andata a prenderla con Sandro e Viola,
Viola con voglia di viaggiare…
…principessa dolcissima, quasi coetanea di Brando, il bimbo di Riky, il nipotino di Guido…
A Soffiano, portate in auto da Guido Magherini, preghiere per tanti cari defunti, davanti al sorriso in foto di Riccardo…
Guido si è allontanato, non si può chiedere a un babbo di sostare davanti alla tomba di un figlio ucciso giovane… Valeria è scoppiata in lacrime… io ho rinnovato la promessa di non scordare e non smettere di raccontare la storia per chi è rimasto.
Per Brando, soprattutto, per mamma Clem, per Andrea e Duccio, per tutti gli amici del Maghero.
Riky è libero ora, non era un santo in vita, non ne vogliamo fare il santino. Faceva male a se stesso, non avrebbe fatto male a nessuno.
Le parole di Guido mi bagnano gli occhi… mi accendo un cicchino alla memoria di un grande innamorato della vita, a volte deragliato, che anche dall’altrove in cui forse ha ritrovato tutta la musica e i colori che amava continua a generare oceani di affetto e piccoli miracoli.
Chi avrebbe mai detto a Valeria, con la sua patologia (data per spacciata da piccina) che sarebbe venuta da sola a Firenze a consegnare una tesi di laurea?
E il suo bastone non ha spaventato Viola, abituata alle stampelle della nonna, il trolley rotto l’abbiamo portato insieme, Valeria ha visto la mia vita da vicino (ha dormito da noi, ha mangiato con noi, è stata con la bimba mentre facevo delle commissioni, è venuta con me alla messa stamattina, mi ha girato il mestolo nella zuppa dimenticata sul fuoco… ormai è di casa) e un’altra testimone dell’ennesima rinascita.
Per più di un anno mi ero allontanata da tutto, udienze, incontri, eventi… ora che ho ricominciato a vivere fuori, nel mondo, anche se con la testa e il cuore sempre un po’ fuori dal mondo, ora che sto persino imparando a tener a bada casa e fantasmi… si ricomincia a raccontare a tutti, insieme.
Ma sarà Valeria, se vuole, a raccontare di sé …
Anche per lei, certa che sia concorde, un immenso abbraccio al caro Guido… GRAZIE
Grazie a Te, CATE, per quello che sei, che fai. Per la bella Persona che dimostri di essere, NON DI CARTAPESTA, come tante persone, dietro questo vetro. Che ci restano, e pontificano il loro vuoto.
Grazie, per parlare di cosa è veramente la vita, di chi ha avuto il coraggio di viverla a suo modo..
Non ho parole, per la persona che ha sfidato TUTTO per venire da SOLA, a Firenze, e per la SUA TESI DI LAUREA. per quel ragazzo, di cui non potevi scrivere meglio e dei suoi genitori.
Ti abbraccio, caramente.
Mi scuso per non trovare parole adatte.
Sono felice d’averti conosciuta e orgogliosa che il genere umano sia anche formato da persone come te.
Un bacino a Viola(e te, non trapazzarti troppo !).
Sii clemente con te stessa, ok?
🙂
Ricordo ancora come se fosse ieri il sonoro di quel video che, dopo poco tempo da quella notte, è girato in rete allo scopo di trovare testimoni di quella morte assurda… Che mi ha cambiata e ha cambiato la prospettiva che oggi ho della vita, nonostante tutte le dure prove che già la mia vita di per sé mi ha costretto a vivere a causa della mia disabilità. Ricordo il clima d’amicizia che ho respirato quando ho varcato la soglia virtuale de “Gli Amici del Maghero” per esprimere loro la mia vicinanza, anche se non avrei mai potuto aiutarli. Ho vissuto giorni, settimane, mesi a sentir rimbombare nella mia testa quelle urla e tutto il resto. Ho perso papà tre mesi esatti prima della morte di Riky, mentre alla veneranda età di 40 anni scrivevo la mia tesi di laurea; la scrivevo con dolore, come una continua tortura lenita solo dal matto pensiero che papà aveva sicuramente accolto Riky fra le sue braccia e sicuramente si stavano facendo gran risate e bevute di prosecco in paradiso.
… Perché Riky era cosi: allegro e pieno di vita, quella vita che gli è stata strappata. Dio solo sa quanto ho pianto, quanto ho pensato a cosa deve aver provato, quanto ho pensato alla sua famiglia e a suo figlio.
Tempo dopo ho conosciuto te, Cate, e ho capito quanto speciale fosse questo ragazzotto, in confronto a me, grande e massiccio come una montagna, ma con un cuore tenero e sensibile. Ho avuto occasione di scambiare parole con papà Guido e con Andrea, e nel frattempo ho vissuto da lontano la tua vita da mamma. Fino a meno di due mesi fa: complice una serata di musica organizzata a Firenze a cui volevo assolutamente partecipare,dopo tanti anni da quel treno che mi portava a Firenze in due ore e 40 minuti, ne ho preso uno che in poco meno di due ore mi ha permesso di abbracciarti, di abbracciare tutta la tua famiglia, di condividere attimo per attimo la vostra vita. Non solo: di abbracciare forte il papà di Ricky lì dove tutto è accaduto, di sentire il calore paterno del suo abbraccio forte e vigoroso, ma allo stesso tempo di sfiorarne con rispetto quel dolore che è suo e solo suo, un dolore che non ha pari in questa terra. Mi sono guardata attorno a 360 gradi e ho immaginato quello che Riky vedeva, sentiva, provava, e mi sono ancora una volta arrabbiata per questa e le tante morti assurde simili a questa… E solo in quel momento mi sono sentita abbracciare forte alle spalle, ho intravisto il tuo cappello bianco e tu mi hai detto “Ehi Valè! Il mio corpo non lo puoi più vedere, ma io non sarò mai totalmente morto finché continuerete a lottare per me e a raccontare la mia storia perché non accada mai più.”. Lo farò Riky, te lo prometto.
Pochi minuti dopo eravamo al cimitero. Volevo deporre un fiore solo per te, invece non ho fatto altro che versare su di te, sulla nuda terra, tutto il dolore che avevo dentro… Incomprensibile forse perché non ti ho mai conosciuto, ma sincero perché tramite chi ti conosceva in vita e ora fa parte anche della mia ho vissuto la tua presenza spirituale pur nella tua assenza fisica.
Mi resta il ricordo di una tavola bandita, del profumo della zuppa, della bontà della cheesecake, di una bottiglia d’acqua con la quale ho potuto dissetarmi a notte fonda, dei sorrisi di Viola, delle risate e degli abbracci dati e soptattutto ricevuti.
Grazie perché in un solo fine settimana, in ogni attimo, ho respirato a pieni polmoni ciò che più conta per me e per ognuno di noi: la Vita, l’Amicizia… E l’Amore.