non è Stato nessuno

La legge uguale

Almeno la decenza di rimuovere quella scritta… per Stefano e per chi l’ha massacrato non è la stessa legge, no, non è uguale.

Stefano Cucchi vivo

In nome del popolo italiano“? Allora mi tiro fuori da questo popolo. Non è la prima volta che mi vergogno di essere italiana… stasera la rabbia è tanta, il dolore e la nausea di più. In Italia non c’è la pena di morte come in tanti degli Stati Uniti… lì prima ti fanno il processo, poi ti ammazzano. Qui prima ammazzano, poi fanno il processo alla vittima. Sempre colpa di chi muore*…

Stefano Cucchi massacrato. Foto mostrata dall'avvocato

* Soddisfatto invece il sindacato di polizia Sap. «Tutti assolti, come è giusto che sia», dice il segretario Gianni Tonelli «In questo Paese – si legge in una nota – bisogna finirla di scaricare sui servitori dello Stato le responsabilità dei singoli, di chi abusa di alcol e droghe, di chi vive al limite della legalità». Poi il comunicato prosegue con una frase che sta facendo molto discutere: «Se uno ha disprezzo per la propria condizione di salute, se uno conduce una vita dissoluta, ne paga le conseguenze. Senza che siano altri, medici, infermieri o poliziotti in questo caso, ad essere puniti per colpe non proprie».

Incommentabile.

Solo un abbraccio immenso a Ilaria che non smette di chiedere giustizia per suo fratello e per tutti noi. Potrebbe succedere a me, a te, a nostro fratello, a mia figlia, a tuo nipote… se ti massacra qualcuno in divisa, il fatto non sussiste

sempre per Riky

miele

…no, non smetterò di pensarci, non riesco a smettere di piangere per come è morto a Firenze un amico, un fratello, un figlio, un babbo.
In tasca aveva bustine di miele… perquisito DOPO la morte, ormai all’ospedale…
bustine di mieleCome, dopo la morte, gli hanno perquisito la macchina (e non si capisce il motivo, dato che non aveva fatto un incidente, anzi, poiché si sentiva male, aveva lasciato l’auto e aveva chiamato un taxi, chiedeva aiuto, CHIEDEVA AIUTO) e… copio dal verbale dei carabinieri divulgato dalla famiglia di Riky:

“L’interno si presentava decisamente sporco e disordinato con vestiti buttati alla rinfusa all’interno di una busta, giocattoli per bambini, lattine aperte e parzialmente consumate, resti di cibarie ed uno spazzolino da denti con tubo di dentifricio“.

Riky in auto con Brando

(strano, molto strano per il babbo di un bambino di due anni!)


Non smetteremo di chiedere per il Maghero la giustizia che merita, siamo ormai tanti, una famiglia di cuore in cui si ritrovano amicizie perse di vista.

Non posso smettere di piangere quando sento Andrea nell’intervista per il sito di Firenze:

Non trattengo i sorrisi per le belle persone che il nostro “angelo “(un angelo disordinato, esuberante, con le sue debolezze, non un santo né un santino, eh!) mi ha fatto incontrare o ritrovare.
Ieri mattina Chiara mi ha portato Riky sul cuore. Siamo cresciute insieme (lei più piccina di me, figlia di un’amica e collega del mi’ babbo), ci siamo ritrovate nella richiesta di verità e giustizia per Riccardo Magherini.

26 ViolaCateChiara

 

Mi tengo Riky sul cuore e stringo la mia bimba di neanche due anni che saprà da me tutta la storia, spero con un finale di giustizia

CateeViola LOVE Riky

 

Più nero che qui

Più nero che qui copertina

” C’era ancora l’anello di ferro, infisso nel muro della macelleria, al quale veniva attaccato il maiale prima di essere macellato, ogni martedì. Lo avevano tirato lì a forza, con un anello attaccato al naso. Il maiale emetteva grida acute, di paura; sembrava un bambino che stessero picchiando. Presagiva la morte? O era solo il terrore, per quello che gli avrebbero potuto fare gli stessi umani che fino a due ore prima l’avevano allevato e accudito? Quello che è certo è che, qualsiasi fosse il sentimento che provava, io scappavo via e giuravo a me stesso che non avrei mai torto un pelo a nessun animale. Un giuramento che ho mantenuto, ma che conta poco, alla luce dei fatti. “

Frammenti di memoria raccolti in un vecchio diario che il narratore interno pensa di bruciare con tutto il passato che non smette di torturarlo e domandare alla mente una spiegazione che, dalla realtà esterna almeno, non arriverà. Squarci di lucidità in un delirio stremato, gocce di tenerezza sparse in un mare amaro di fuga disperante. E un amore senza futuro che sembrava l’ultima occasione di salvezza. Per lui, solo, con un documento nuovo e un’identità fasulla, uno scampato dall’inferno e rinato vecchio e per lei, la moglie di un criminale spietato, sola, proprietà privata di un uomo che non l’ama, ma non potrebbe lasciarla andare. C’è poi un altro piano narrativo, non frammentato come il diario del protagonista e voce narrante della storia d’amore impossibile, con una logica almeno apparente, un racconto che fila liscio e cattura l’attenzione sin dall’incipit:


 “A quel tempo la Magnacapitale della Repubblica Aristocratica e Popolare dell’isola di Cacastreppa, esattamente a metà strada tra l’Isola Che Non C’è e l’Isola Non trovata, era al massimo del suo fulgore per profitti, ricchezze, bellezze e orrori.”

Profitti illeciti, ricchezze sporche, ma soprattutto finte, bellezza naturale soffocata, orrori consumati in fretta…anelli invisibili attaccati al naso di maiali a due zampe e due braccia, senza l’innocenza del maiale macellato. Anelli non infissi al muro, ma dietro le macchinette del videopoker, nella cocaina, nel sesso sfrenato e senza gusto, senza gioia, mentre una pioggia incessante ammacca ossa e umori, allaga senza dissetare, dilaga senza lavare.

Pioggia di novembre anche nel diario: “La strada era bagnata e dai balconi e dai tetti ancora gocciolavano i residui della pioggia che era caduta per tutto il giorno e che ora stava concedendo una pausa alle fogne esauste, ai muri, alle cose, alle case e alle strade, imploranti una tregua a quel diluvio novembrino incessante e funesto, presago di sventure, gonfio d’angosce”. Mi piace il ritmo di questa prosa, in tutto il romanzo c’è ritmo anche quando sembra non accada molto. Se fosse una musica, sarebbe jazz e “il jazz è sempre stato come il tipo d’uomo con cui non vorreste far uscire vostra figlia” (Duke Ellington). Ecco, non vorrei far leggere questo romanzo a mia figlia, almeno finché Viola non avrà compiuto 22 anni! Non è un libro per tutti, lo consiglio solo a un pubblico adulto e vaccinato (la lettura dei quotidiani italiani potrebbe bastare come vaccino… chi riesce a dormire senza ansiolitici dopo aver letto certe cose non ha senso si scandalizzi per i baccanali di Cacastrappa, ma le scene di sesso sono effettivamente parecchio spinte e la sensibilità di molti, di molte soprattutto, potrebbe esserne turbata oltre misura).

L’autore, che conoscevo come Woland ai tempi del primo blog, ormai è un amico, non solo un contatto di facebook, anche se non ci siamo mai incontrati face to face. Mi aveva colpita moltissimo il suo primo libro, “Racconti bastardi”. Colpita e affondata. Non avevo letto niente di più spietato e preciso.
Di “Più nero che qui” avevo acquistato una copia tramite ibs, prima di sapere che Antonio me ne avrebbe mandata in dono una con dedica.

Dedica di Antonio
L’altra copia del romanzo è ora in viaggio per Milano, dove spero sia gradita all’angelo briaho.
Non lo consiglio alle signorine perbene, agli amanti dei neomelodici, a chi cerca una lettura di conforto, agli stomaci delicati.
Non lo consiglio neanche a chi cerchi nello scrittore meridionale il pamphlet di denuncia dei mali locali. In un certo senso la denuncia c’è, ma non particolare, non legata a quella terra cui pure Antonio Giugliano dedica il suo ultimo lavoro.

più nero che qui dedica alla terra dei fuochi

Cacastreppa può essere Napoli, può essere l’Italia intera, ma questo è un romanzo. Forte, cupo, grottesco, appassionato, non privo di divertimento, carico di sofferenza, alleggerito solo dall’ironia e dal piacere di leggere chi narra per bisogno di scrivere.

Chiudo con due citazioni brevi. E fuori contesto funzionano lo stesso, mi pare.

“… le contorsioni della psiche femminile sono un groviglio che s’imbroglia ogni mattina”
(confermo)

“Eccoci là. Noi. Eravamo due innamorati e basta, niente di più e niente di meno. Il che equivale a dire che eravamo due disadatti. Perché l’unica cosa che so, dell’amore, è che non è di questo mondo e gli innamorati sono, in quell’attimo che dura l’amore, creature ultramondane, ultramarine, ultracelesti”

Ecco, il vantaggio di conoscere l’autore è che puoi chiedergli qualsiasi cosa appena finito di leggere il suo libro. Quel “disadatti” mi suonava strano lì per lì, pensavo addirittura a un refuso per “disadattati”… e glielo ho detto in messaggeria di facebook. Ecco la risposta: ” No, disadatti è proprio voluto. Non ti piacerà, ma è il termine che ho usato apposta. Disadattati implica una coercizione, una costrizione all’adattarsi alla vita. Disadatti è una ribellione all’adattarsi”

Una ribellione a farsi attaccare l’anello di ferro al naso. E pure le briglie che si usano per altri animali, anche i cavalli un tempo venivano legati con la cavezza a quel tipo di anello di ferro infisso nel muro. Non andavano al macello, finché correvano, finché servivano, ma non erano liberi, erano molto adatti e adattati.

Antonio Giugliano

Ottobre, ebbra di luce

Non so se tutti hanno capito, Ottobre, la tua grande bellezza:
nei tini grassi come pance piene prepari mosto e ebbrezza,
prepari mosto e ebbrezza…
 
(Francesco Guccini, Canzone dei dodici mesi)

3 ottobre foglia rossa

Il vento porta in casa foglie rosse, la Bromelia sul tavolo continua a fiorire…

3 ottobre Bromelia

gli occhiali da sole non vanno ancora messi via,

3 ottobre 2014 Cate e Viola

per il primo freddo del mattino (e della sera) basta uno scialle di lana colorata,

3 ottobre 2014 al giardino Cate e Viola

una felpa o un giubbino 5 ottobre col babbo

e una serata di calcio spettacolare

CARICA

5 ottobre 20143 Fiorentina 3 - Inter 0

5 ottobre 2014
Fiorentina 3 – Inter 0

per continuare a sognare e giocare

7 ottobre bolle di sapone Cate e Viola

anche solo con le bolle di sapone

7 ottobre bolle di sapone con Jojo