Espiazione. Difficile tentativo

Balham 1940 London

“… era accaduto tanto tempo prima e tutte le conseguenze a ogni livello, dalla più insignificante alla più colossale, si erano già verificate. Qualunque cosa fosse successa in futuro, per quanto superficialmente insolita o sconvolgente, avrebbe contenuto anche un che di noto e di familiare che le avrebbe fatto bisbigliare, ma solo tra sé e sé: Ah già. Ma certo. Avrei dovuto saperlo”

e, poche pagine prima,

 “ si rese conto che fin dal mattino si era sentita strana, e che guardava alle cose in modo insolito, come se tutto fosse già passato da un pezzo ed esaltato da un’ironia postuma che lei non era in grado di afferrare appieno”

Solo la lettura delle ultime pagine, un epilogo sorprendente, rivela appieno quel che sin dai primi capitoli suona come un accenno alla chiave del romanzo. C’è una colpa, sì, c’è una storia di vite rovinate per un atroce errore, ma l’espiazione non sarà mai sufficiente. E non sarà nelle azioni, non soltanto. E conterrà una buona dose di amara ironia postuma, letteralmente.

Prima di Espiazione non avevo letto altro di Ian McEwan, a parte qualche citazione e diversi pareri sul suo talento. Una rivelazione e un dono davvero. Dalla maternità (ultimi mesi dell’attesa e quasi tutto il primo anno con la piccina) nessuna lettura mi aveva catturata tanto. La prima parte, quasi duecento pagine per una sola torrida giornata di estate (compresa la notte che segnerà tutta la vita della protagonista), mi è sembrata un sogno, un volo in un altro mondo; non potevo smettere di respirarne i colori, la luce, le sfumature di sentire e l’atmosfera ricreata da uno scrittore uomo che sembrava una donna per certi tratti.
La seconda e la terza parte, piene di dolore e avvenimenti, non prive di passaggi commoventi, narrate ciascuna con un unico punto di vista anche se non in prima persona, mancano della sinfonia di tanti punti di vista che anima la prima parte e soprattutto della straordinaria penetrazione dei sentimenti, specialmente quelli di una ragazzina nella pericolosa innocenza dei tredici anni, lo “spazio transitorio che estendeva i propri confini imprecisi dalla nursery al mondo degli adulti”, un caos mal tollerato da Briony, “una di quelle bambine possedute dal desiderio che al mondo fosse tutto perfetto” e convinta di esser diventata una vera scrittrice nel momento in cui alla realtà sfuggente impone e sovrappone la visione suggerita dal demone dell’ordine che ferocemente la guida.

“La verità era contenuta nella simmetria, in altre parole, si radicava nel buonsenso. Era stata la verità a guidare lo sguardo. Perciò quando Briony ripeté, più e più volte, «Io l’ho visto», non mentiva, era anzi assolutamente onesta e convinta.”

Con le migliori intenzioni, senza malizia, non per cattiveria, il suo errore procura un danno irreparabile. Una vita di sforzi e sacrificio non basterà per espiare.

espiazione copertina

“ … solo quella notte aveva capito che cosa significava essere un’infermiera.
Non aveva mai visto piangere un uomo in vita sua. Dapprima la cosa l’aveva sconvolta, ma nel giro di poche ore non ci badava nemmeno più. D’altra parte lo stoicismo di alcuni soldati la sorprese fino a lasciarla stupefatta. Gli uomini che tornavano in reparto dopo l’amputazione di un arto, parevano sentirsi in dovere di fare battute atroci. E adesso con che cosa la prendo a calci mia moglie? Ogni segreto del corpo veniva reso pubblico: ossa sporgenti dalla carne, brandelli di visceri fuoriusciti, nervi scoperti. Da quella prospettiva tanto inedita quanto indiscreta, Briony imparò una cosa ovvia e semplicissima che aveva sempre saputo, come tutti: ogni persona è, tra le altre cose, qualcosa di facile da rompere e difficile da riparare”

Per chi non l’avesse ancora letto (beati i ritardatari! Se l’avessi letto prima mi sarei privata di questa magnifica evasione nelle sere di fine inverno, appena messa a letto Viola), non mi azzardo a rivelare il finale, ma per chi prima di procurarsi una copia volesse avere un assaggio della trama (che non è il meglio del libro, precisiamo), mi limito a riportare quello della quarta di copertina:

“All’età di tredici anni, in un caldo giorno d’estate del 1935, Briony Tallis sente di essere diventata una scrittrice. La sera stessa, accusando di un crimine odioso un innocente, commette l’errore che la segnerà per tutta la vita. Eppure la giornata era iniziata sotto i migliori auspici. C’era una commedia da mettere in scena, i cugini arrivati dal nord per trascorrere qualche tempo in casa Tallis. Da Londra invece sarebbe arrivato per il weekend l’amatissimo fratello maggiore Leon con un amico, industriale della cioccolata. Soltanto la sorella maggiore Cecilia impensieriva Briony per il misterioso rapporto che la legava a Robbie Turner, figlio della loro donna di servizio.
Tutti i personaggi entrano in scena, ma, nella commedia della vita, non ci sono prove prima della recita. Presto, sarà troppo tardi per fermare la macchina dell’ingiustizia e la guerra arriverà a spazzare via il vecchio mondo con le sue raffinate e rassicuranti ipocrisie”

9 pensieri su “Espiazione. Difficile tentativo

  1. Te l’avevo detto, è un capolavoro assoluto.
    Ho letto molto di McEwan, altri romanzi sono più torbidi e a volte morbosi, ma lui scrive divinamente.
    Se posso, ti consiglio Lettera a Berlino (il mio primo) e Chesil beach. In Solaris, il penultimo di ambientazione ecologica, sa additittura essere spiritoso.
    Sono contenta che Espiazione ti sia piaciuto!
    :*

    • grazie! Mi hanno consigliato anche “Sabato” e “Il giardino di cemento”.
      Per il momento, a parte le fiabe dei fratelli Grimm e altre letture con Viola, mi sono presa una pausa di tenerezza con “La gita di mezzanotte” di Roddy Doyle… un romanzo per ragazzi. Sono nella fase di “sbornia” (quando hai finito da poche sere un libro magnifico e non osi iniziarne un altro per paura della delusione o perché ancora immersa nelle pagine lasciate alle spalle)

      • Sabato è quasi in thriller, molto bello.
        Il giardino di cemento è molto, molto inquietante, non mi sento di consigliarlo a una persona che non conosco.
        Anch’io sono sempre un po’ in difficoltà dopo un capolavoro!

      • forse è la sindrome tipica di chi entra nei libri e ci vive almeno nel tempo della lettura.

        Aspetterò per il giardino di cemento… la primavera già mi rimescola inquetudini varie, meglio non giocare con il fragile equilibrio ricreato.

        Su “Espiazione” ho letto anche commenti molto negativi, de gustibus… a me è rimasta la voglia di tenermi intorno ancora un po’ Briony, Cecilia, Robbie e parlarne con chi abbia già letto il romanzo… non succede per ogni libro

      • In quel post non ho citato un altro bellissimo crime novel, così bello da farmi provare la “sbornia” di cui parlavi con arancioeblu: “Hollywood Crows” di Joseph Wambaugh. Un romanzo dove l’ elemento poliziesco si fonde con quello comico, con risultati davvero esilaranti. Alcune scene e battute di quel libro mi fanno ridere ancora adesso se ci penso, pur essendo passati anni da quando l’ho letto. Grazie a te per la risposta! : )

  2. Forse l’ispirazione gli è venuta dalla giustizia italiana… Non comprerò il libro ma è sempre un piacere leggerti, CATE 😉

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