« “Deh, quando tu sarai tornato al mondo,
e riposato de la lunga via”,
seguitò ‘l terzo spirito al secondo,
“Ricorditi di me, che son la Pia;
Siena mi fé, disfecemi Maremma:
salsi colui che ‘nnanellata pria
disposando m’avea con la sua gemma”. »
Prima di cominciare a leggere il romanzo di McEwan che mi ero regalata per l’anno nuovo, volevo finire un libro iniziato diverse volte in questi mesi e lasciato perdere troppe volte…
Il tempo per leggere non torna da sé, va riconquistato. E non solo il tempo, pure il sentimento di potersi concedere momenti solo per sé.
Difficile ritrovare il ritmo e la voglia di riaccendere l’attenzione, spesso cedevo al bisogno di facili distrazioni (qualche thriller di Kathy Reichs, esaurita la scorta di Cornwell… tutti in prestito da un amico per farmi svagare al tempo della ricaduta, in parte restituiti via via e poi lasciati sullo scaffale quando ero in attesa e quel genere non si sposava bene con la pancia) o alle solite letture su neonati e dintorni (ma come? Quando finalmente la piccina dormiva beata, anche i momenti liberi…? Monomania comune alle neomamme o particolare insicurezza personale? Ormai la neonata sta per compiere un anno, tempo di riprovare a pensare davvero anche ad altro. E non solo al resto dei doveri. Me lo devo ripetere ogni tanto. Anche se le ultime sere e nottate sono state non meno impegnative dei giorni, insomma, di nuovo scarseggiano i momenti di quiete).
Finito di leggere per l’Epifania, Matrimonio di sangue di Mario Sica mi riportava tra Siena e Roselle, tra San Galgano e Pitigliano, tra le corti signorili della Maremma divisa tra guelfi e ghibellini alla fine del XIII secolo e soprattutto alla figura della Pia, cantata da Dante nel V del Purgatorio, però presentata in maniera diversa in questo romanzo… preso come un romanzo, storico sì, in un certo senso, attento alle vicende del tempo narrato, ma non come un documento che sveli finalmente il mistero della nobile fanciulla senese andata in sposa al signore di Prata e scomparsa in Maremma (non rivelo il finale, ovviamente non lieto, ma qui diverso dalla “vulgata”). Un manoscritto trecentesco ritrovato per caso, un giullare che diventa guerriero e non solo, una delicata storia d’amore tra cronache di battaglie, castelli assediati e personaggi storici di passaggio, da Guido di Montfort a Ghino di Tacco che diventa il famoso bandito… un divertimento gustoso.
Se il tempo per leggere è una conquista, figurarsi scrivere un commento preciso ai libri letti (non dico una recensione) tra pappe, pannolini, un pianto da dentizione, una bizza, le grane della vita quotidiana (non più tra parentesi, ormai la “bolla magica” sta svanendo) e preoccupazioni che non mancano mai… solo un appunto. Il titolo del romanzo di Mario Sica sembra più da thriller. Il matrimonio c’è e il sangue non manca, ma nel manoscritto che l’autore dice di aver scoperto a Siena, Ricordanze di Placido Abbate Sancti Galgani da me Messer Ranieri ricolte ad utile consiglio de’ giovani, non si allude all’uxoricidio della tradizione, come mancano le presunte colpe della bella Pia. Non c’è adulterio, neanche il sospetto… sangue e matrimoni sono motivati da giochi di potere e la morte arriva anche senza clangore di spade, nella malaria della Maremma amara.
Archiviato il Matrimonio di sangue, forse è arrivato il momento di cominciare Espiazione (un romanzo sui sensi di colpa sarà catartico?)