un filo di apprensione quando lei entra sicura e, ogni volta, mi scombussola. Amo i fiori e i colori, in ogni stagione, eppure la stagione che molti aspettano e salutano come rinnovamento e rinascita spesso mi butta a terra, come l’anno passato. Spero proprio che questa primavera sia diversa dalla passata, certo arriva dopo mesi di cammino in salita e salute in risalita, quindi dovrei essere fiduciosa, anche solo pensando alle settimane e settimane a letto con la febbre o chiusa in casa prigioniera degli attacchi di panico del passato, mentre quest’anno me la sono cavata con un raffreddore e un torcicollo. Forse mi sono anche fatta un po’ di buccia, mentre prima ero quasi “senza pelle”, nel senso che tutto mi turbava oltre misura. E poco mi dava conforto come un libro in prestito o una tazza di tè
“… parentesi magiche che gonfiano il cuore di commozione, perché all’improvviso il tempo è stato fecondato, in modo fugace ma intenso, da un po’ di eternità. Fuori il mondo ruggisce o si addormenta, scoppiano le guerre, gli uomini vivono e muoiono, alcune nazioni periscono, altre, che verranno presto inghiottite, sorgono, e in tutto questo rumore e questo furore, in queste esplosioni e risacche, mentre il mondo avanza, si infiamma, si strazia e rinasce, si agita la vita umana. Allora beviamo una tazza di tè. (…) il tè non è una bevanda qualunque. Quando diventa rituale, rappresenta tutta la capacità di vedere la grandezza nelle piccole cose. Dove si trova la bellezza? Nelle grandi cose che, come le altre, sono destinate a morire, oppure nelle piccole che, senza nessuna protesta, sanno incastonare nell’attimo una gemma di infinito? Il rituale del tè, quel puntuale rinnovarsi degli stessi gesti e della stessa degustazione, quell’accesso a sensazioni semplici, autentiche e raffinate, quella libertà concessa a tutti, a poco prezzo, di diventare aristocratici del gusto, perché il tè è la bevanda dei ricchi così come dei poveri, il rituale del tè, quindi, ha la straordinaria virtù di aprire una breccia di serena armonia nell’assurdità delle nostre vite. Sì, l’universo tende segretamente alla vacuità, le anime perdute rimpiangono la bellezza, l’insensatezza ci accerchia. Allora beviamo una tazza di tè… “
da L’eleganza del riccio di Muriel Barbery, una lettura in prestito alla fine di febbraio 2011, come una parentesi di serenità, come una tazza di tè.
Ne avevo parlato altrove e un’amica mi volle invitare a berne insieme, offrendomi una parentesi delicata. Ricordo con gratitudine il breve viaggio a Lodi di quella primavera per il resto da scordare, ne tengo in cuore ogni istante, ne conservo le foto di cielo, rami e fiori
e una scatola in dono portata a Firenze, con ancora qualche sorpresa da gustare
una gemma in tazza
e nella teiera trasparente sboccia un fiore
Oppure prendo dalla scatola rossa un funghetto verde
verso acqua calda, non bollente,
qualche minuto di pazienza e …
è la magia dei fiori di tè. In questo caso si trattava di Lian Hua Xian Zhi (detto anche Flower Fairy… e ci voleva la fata dei fiori dopo gli incubi da Fiore, ma questa è un’altra storia, solo per cuori viola)
Ce l’avevo anche il tè in forma di fiore. Una bella metafora della vita: ci vuole il calore per farla sbocciare
e tempo, attesa, pazienza per lo stupore poi
Allora il riccio è venuto fuori per davvero!
è sbocciato così 😉
accidenti come mi mancavano le tue parole…. che bello leggerti :*
grazie fatina 🙂
Mi commuovo… davvero
vero mancavano
grazie :*
:*